Nozze d’oro col volontariato. Patrizio Luzzi, 64 anni compiuti il l’11 aprile, fisico reso ancor più imponente dal rosso della divisa che indossa, ha festeggiato, insieme al compleanno, il mezzo secolo di attività come volontario nella Croce Rossa di Bagno a Ripoli, di cui è anche istruttore di primo soccorso. Nella vita per 37 anni ha fatto il vigile urbano a Firenze. Da tre anni è in pensione.
Compleanno e nozze d’oro con la Cri?
“Sono entrato da volontario nella Cri di Bagno a Ripoli il 12 aprile del 1973, avevo 14 anni e un giorno. Ora occorre essere maggiorenni per i servizi esterni. Con meno di 18 anni si può comunque fare i corsi di preparazione e dare una mano all’interno della sede”.
Lei invece a 14 anni ha iniziato subito ad andare sulle ambulanze?
“Proprio così”.
Qual è stato il primo servizio che ha fatto?
“L’organizzazione negli anni Settanta era molto diversa da ora. Qui c’era un telefono. I volontari erano persone che lavoravano e venivano chiamate all’occorrenza. Ricordo che c’era un assicuratore, il macellaio del negozio dove ora c’è la farmacia. Il volontario di turno qui, ne chiamava un altro, se poteva venire. Io ero studente, venivo qui con i libri, così nelle attese studiavo. I servizi erano molto minori rispetto ad ora”.
Tutta l’organizzazione del volontariato era molto diversa.
“Certo. Anche internamente. Nel 1977 io, insieme ad altri, riuscimmo a cambiare la regola per la nomina del presidente delle sezioni della Croce Rossa. A quei tempi veniva nominato dalla direzione provinciale. Noi ci ribellammo e decidemmo che a scegliere il presidente fossero i soci della sezione con regolari elezioni. Per questo fummo commissariati. In seguito le elezioni sono diventate la regola”.
In questi cinquanta anni da volontario, qual è l’intervento che le è rimasto più in mente?
“Il ricordo della prima persona deceduta ti rimane dentro. Fu nell’82, un uomo colpito da infarto, era un giovane che aveva la mia età. Ora quando succedono fatti così, abbiamo un supporto psicologico per i volontari. Certi episodi vanno saputi metabolizzare”.
Un intervento di cui è orgoglioso?
“Due anni fa il soccorso a un cacciatore ottantenne che si era sparato ad un piede in un bosco sopra le Case di San Romolo. Aveva un forte emorragia ma era riuscito a chiamare il 118. E’ partito l’elicottero da Ponte a Niccheri e noi da qui. Io, fortunatamente, conosco bene la zona. Con la Vab, di cui pure sono volontario, avevamo fatto un’esercitazione proprio in quel bosco. In sei minuti siamo arrivati lì e gli abbiamo salvato la vita insieme ai medici scesi dall’elicottero”.
Provi a convincere, soprattutto i giovani, a venire alla Cri o ad altre associazioni: perché uno dovrebbe fare il volontario?
“Il volontariato non è il dare, ma quello che si riceve. Inoltre c’è il piacere di fare gruppo con altre persone, di socializzare, di essere utile alla comunità”.