La conferma di Luigi Federico Signorini, vicedirettore della Banca d’Italia, è finita nel mirino di Di Maio e Salvini, mettendo in imbarazzo il premier Conte. Signorini è un ripolese di adozione. E’ nato a Firenze e, da quando è arrivato ai vertici di Bankitalia, vive a Roma. Il suo buen retiro, però, è da sempre in una casa, che appartiene da generazioni alla sua famiglia, sulle colline di Grassina. E’ lì che torna, ogni volta che gli è possibile, in cerca di tranquillità.
Faccio subito una premessa per lealtà con i lettori. Sono amico di Signorini da oltre quarant’anni, ciò nonostante ho la presunzione di poter dare su di lui un giudizio non condizionato dal rapporto personale. Sulle competenze di Signorini non possono esservi dubbi. Ha un curriculum sfavillante (senza necessità di imbellettamenti). Ma, soprattutto, è persona di rigore morale e onestà intellettuale. Non gli ho mai sentito prendere una posizione per opportunismo o convenienza. E’ stato critico sulla manovra finanziaria del governo? Dovrebbe essere accolto come un pregio. E’ evidente che non siamo di fronte ad un funzionario della Banca d’Italia pronto a tradire le proprie convinzioni per farsi benvolere. Quando ha dato quel giudizio sapeva chi c’era al governo e che il suo mandato era in scadenza. Quanti avrebbero fatto altrettanto?
D’altronde Signorini non è mai stato tenero con alcun governo, né si è mai fatto condizionare dai partiti. Un pregio, non un difetto. A meno che il “governo del cambiamento” aspiri a circondarsi solo di yesman. In questo caso, lo ammetto, Signorini non è la persona giusta: meglio infilare anche nella Banca d’Italia qualche quacquaraquà. I candidati non mancano.
Condivido tutto per analoga antica conoscenza. Magari se pubblicate una foto di signorini con i capelli hippy magari ci ripensano