Una scuola a colori, e non solo per un effetto cromatico, che si contrappone al grigiore delle lunge ore passate nella stessa aula. Per la media Granacci di Bagno a Ripoli, lunedì scorso, 15 ottobre, è stato un giorno da segnare sul calendario. L’avvio del progetto “Classi senza aule” è stata una rivoluzione nel metodo didattico. Sono i ragazzi, e non più i professori, che ad ogni ora cambiano aula. Ma non si tratta di una modifica al “traffico” interno. “I ragazzi si muovono in gruppo verso l’aula dove c’è l’insegnante che li aspetta – spiega la professoressa Amalia Bergamasco, dirigente del comprensivo Teresa Mattei – L’aula, non più asettica, diventa un ambiente di apprendimento, con attrezzature e strumenti per arricchire la lezione che il professore non potrebe portarsi dietro in ogni aula. Un ambiente di apprendimento accogliente è importantissimo nella formazione della conoscenza”.
Professoressa Bergamasco, siete una degli apripista per questo progetto?
A Bagno a Ripoli è solo qui alla Granacci. E’ un’esperienza che guarda alle avanguardie educativa con una didattica innovativa. A Firenze il comprensivo Oltrarno la sta adottando dall’anno scorso. Il progetto si basa su una diversa organizzazione della scuola e nella strutturazione della giornata, con i ragazzi che migrano da un’aula all’altra dove le diverse discipline vengono insegnate: noi li chiamiamo i nomadi. Non c’è più la classe di appartenzneza ma tutta la scuola è a disposizione degli alunni. Il progetto “Classi senza aule” discende dal “Progetto Dada (Didattica per ambienti di apprendimento). Ho visitato a Modena la scuola del preside Daniele Barca, che è un’eccellenza, perchè è stata costruita sul progetto. Noi invece abbiamo adattato la nostra scuola al progetto.
Come vi siete organizzati?
La scuola è divisa per dipartimenti: lettere, matematica e scienze, lingue, musica, arte e tecnologia. I ragazzi hanno l’orario settimanale con indicato le aule disciplinari dove devono andare. Ogni aula ha il nome di un personaggio rappresentativo della disciplina: Dante per lettere, Darwin per scienze, Mennea per educazione fisica, Fibonacci per matematica e così via. Inoltre ogni dipartimento ha un colore che lo identifica: giallo dipartimento umanistico, arancione tecnologia, rosso e blu matematica e scienze, verde lingue, multicolore arti. Avendo più sezioni vi sono più aule per la stessa disciplina. Comporre l’orario con tutti gli spostamenti è stato un puzzle impegnativo.
Lo spazio non vi manca.
Abbiamo la fortuna di avere molte più aule che classi. Ventidue aule a disposizione per quattordici classi. Contemporaneamente possiamo avere quattro docenti di matematica che fanno lezione, quattro di lingue, sette di italiano, due per i laboratori di arte, due di musica, due di tecnologia.
Nella trasumanza da un’aula all’altra non si perde del tempo?
Abbiamo cronometrato i tempi e dato come massimo quattro minuti per spostarsi, ma, nonostante siano i primi giorni, i docenti mi dicono che in due minuti ce la fanno. Ottima prova dei ragazzi fin dal primo giorno.
Come nei film americani ogni studente ha il suo armadietto.
La mattina quando arriva ogni ragazzo posa zaino e cappotto nell’armadietto. Ognuno ha il suo lucchetto e io le copie di tutte le chiavi, per i dimenticoni. I ragazzi prendono la borsina colorata, ogni sezione un colore diverso, che gli abbiamo dato in dotazione e ci mettono i libri per le prime due ore, senza dover trasportare in giro tutto lo zaino pesantissimo. Alla prima ricreazione cambiano i libri per altre due ore e così al secondo intervallo. Abbiamo un po’ di armadietti in più rispetto al numero dei ragazzi: la speranza è che il prossimo anno gli iscritti aumentino e si possa fare qualche classe in più.
Cosa offre questo metodo oltre alle aule appositamente attrezzate per la materia che vi si insegna?
Una scuola così strutturata mette in moto nuove dinamiche didattiche, favorisce la voglia di lavorare in gruppo. Anche la disposizione dei banche della classe può variare. Resta il momento della lezione frontale con il professore che spiega, poi c’è il lavoro laboratoriale. Inoltre un ambiente condiviso da tutti, non c’è più la “mia aula”, aumenta il senso di responsabilità e il senso civico dei ragazzi.
Dopo tre anni di innovazione, quando passeranno alle superiori, dovranno tornare al vecchio metodo.
E’ il rischio che si corre, però ci sono scuole che stanno seguendo questa innovazione. La prima è l’Elsa Morante, a San Marcellino, che in questi giorni partirà con un progetto come il nostro. Alcuni ragazzi di questa scuola proseguiranno lì e troveranno questo metodo. L’idea si sta difondendo. Col preside del Gobetti-Volta ne abbiamo parlato, ma far partire una sperimentazione in una scuola con quasi duemila alunni è problematico. Comunque i nostri ragazzi torneranno in un ambiente della tradizione ma con un atteggiamento diverso rispetto all’apprendimento. Il nostro scopo è farli sentire protagonisti della loro scuola.
Chi accompagna gli studenti un giro per i corridoi? Come è stato risolto il problema della sorveglianza al cambio dell’ora? E se un ragazzino cade per le scale di chi è la responsabilità?
Da quello che ho visto gli spostamenti sono seguiti dai custodi presenti ad ogni piano. Non capisco bene a cosa intenda per “sorveglianza al cambio dell’ora”, ma ritengo che anche questa, come sempre accade nelle scuole, sia affidata ai custodi. I ragazzi salivano e scendevano le scale anche prima, magari qualche volta in meno, ma il problema della responsabilità di cosa accade a scuola non muta per un cambio di organizzazione interna.
Si vede che lei non lavora in una scuola… i ragazzi si muovevano anche prima, ma di sicuro nessuno ci faceva causa se uno studente scivolava dalle scale al cambio dell’ora. Noi docenti, almeno nella mia scuola, dobbiamo accompagnare gli studenti dalla classe alla palestra, dai laboratori alle classi e così via; a ricreazione dobbiamo fare sorveglianza nei corridoi. La sorveglianza è un nostro compito dalla campanella di entrata a quella di uscita.