Il miglior spot per il No l’ha fatto l’alfiere del Si. Ieri sera nel cinema del Crc Antella oltre 150 persone hanno assistito al dibattito sul referendum costituzionale, organizzato dal presidente del circolo Alessandro Conti che ha fatto anche da moderatore. A duellare erano stati chiamati per il Sì il costituzionalista Gian Luca Conti, docente all’Università di Pisa, per il No il magistrato Beniamino Deidda. Toni pacati, nessuna interruzione reciproca, livello degli interventi elevato, pubblico attento. Un modo serio di affrontare un tema troppo spesso trattato a colpi di slogan e stupiderie varie.
Ma alla fine ogni match prevede un verdetto. Il voto non si riferisce alle tesi sostenute ma al modo di esprimerle sia negli interventi che nelle risposte alle domande del pubblico.
Gian Luca Conti 5 – Documentato ma prolisso. Molto pragmatico, forse troppo. Ha avvertito il pubblico del rischio che il suo intervento fosse troppo simile ad una lezione di diritto costituzionale: averlo presente e non correggersi costituisce un aggravante. Compie il più clamoroso degli autogol quando, parlando del nuovo Senato non elettivo, afferma che il voto come espressione del popolo non è più così importante. Apriti cielo! La platea rumoreggia. Il professore cerca di rimediare, un po’ goffamente, inquadrando l’affermazione in una più ampia necessità di rappresentanza, soprattutto in relazione al crescente numero di astensioni. Ma ormai la frittata è fatta. Ovvio che ci sia chi subito strumentalizza. Ma c’è anche un giovane che spiega al professore come, per un diciottenne al primo voto, ascoltare una simile analisi è disarmante e disincentivante alla partecipazione.
Beniamino Deidda 7 – Appassionato e brillante nell’esposizione. Definisce “sciagurata” la propaganda intorno al referendum che non aiuta a chiarire i temi. Evita di scendere troppo nel dettaglio degli articoli per non annoiare la platea. Mostra grande fair play non infierendo sulla scivolata dell’avversario. Unico neo: riproporre la storia del parlamento non legittimato a varare una riforma costituzionale perché frutto di una legge elettorale definita incostituzionale dalla Corte Suprema. In realtà la Corte costituzionale ha ribadito la legittimità del parlamento a legiferare, senza prevedere limiti (quindi affermare il contrario è solo un’interpretazione soggettiva). Comunque seguendo questo ragionamento si avrebbe che: un terzo della Corte costituzionale è stato eletto da questo parlamento incostituzionale; un altro terzo è stato nominato da un presidente della Repubblica eletto da un parlamento incostituzionale e quindi incostituzionale egli stesso. Quindi due terzi della Corte costituzionale sarebbero incostituzionali. E una Corte largamente incostituzionale come farebbe a dare patenti di incostituzionalità a destra e a a manca? Avventurarsi su questo terreno porta solo ad un groviglio inestricabile degno di azzeccagarbugli di manzoniana memoria.
Alessandro Conti 6,5 – Il moderatore ha vita facile. I due relatori non lo costringono mai al richiamo né per i toni, né per il tempo. Qualche lieve intemperanza dal pubblico, tenuto a bada con fermezza e educazione.
Gian Bruno Ravenni e Mario Casini sv – Seduti accanto a moderatore e relatori c’erano il segretario comunale del Pd e un rappresentante dell’Anpi. Il primo “garante” per il Si, il secondo per il No. Non è chiaro quale avrebbe dovuto essere il loro ruolo. Zitti e fermi per tutta la durata del dibattito, hanno fatto le belle statuine.