Prendiamo in prestito la Delorean, l’auto del film “Ritorno al futuro”, e proviamo a immaginare Bagno a Ripoli tra dieci anni, nel 2031.
Il Piano operativo all’esame in questi giorni della Ccommissione urbanistica, delinea possibilità e limiti dello sviluppo urbanistico di ogni frazione del comune. La trasformazione più radicale riguarda, però, il capoluogo e tutta la piana di Ripoli.
Ora via all’imaginazione, siamo nel 2031: il futuro è adesso. Facciamo conto di essere lungo via Pian di Ripoli tra il Gobetti Volta e la Pieve di Ripoli.
Guardando verso la collina di Quarto si vedono le strutture del Viola Park che sforna giovani talenti viola a raffica; accanto c’è il parcheggio scambiatore da 400 posti a servizio del capolinea della tramvia che collega Bagno a Ripoli a Firenze passando da via Pian di Ripoli. Il capolinea è in via Granacci di fronto all’hub del trasporto pubblico extraurbano. Guardando verso viale Europa si scorge il profilo del deposito per i mezzi della tramvia.
Torniamo all’oggi, al 2021. Di ciò che ho descritto vi sono già finanziamenti, progetti, rendering e (in linea di massima) tempi di realizzazione.
Tutto da immaginare, senza aiuto di fotoinserimenti, invece, il nuovo assetto di questa spianata di circa cinque ettari oggi coperta da prato e alberature. Nella filosofia urbanistica del Piano Operativo è destinata a trasformarsi in un nuovo “pezzo” di Bagno a Ripoli. Non vi sono rendering e progetti ma un’illustrazione realizzata dal Comune aiuta a figurarsi l’aspetto che la zona potrebbe avere nel 2031.
Nella parte destra dell’area (verso il Gobetti Volta) sono previsti alloggi (6.500 metri quadrati, edifici di 3/4 piani), negozi (da 1.500 a 3.000 mq, no grande e media distribuzione, 50% superficie in prelazione ai commercianti del centro storico di Bagno a Ripoli), uffici (da 1.500 a 3.000 mq).
Nella parte centrale, circondato da un parco, si ipotizza un edificio ad uno pubblico che nel corso del tempo ha cambiato la propria destinazione: prima mercato dei prodotti locali, poi museo “succursale” degli Uffizi, ora “contenitore socio-culturale” per musica, teatro, associazioni, spazio museale, mostre, laboratori (2.000 mq + 1.500 mq interrati + 700 mq nuovo asilo nido). “Una sorta di Beaubourg che non c’è a Firenze”, ha sintetizzato l’architetto Gandolfo, responsabile dell’Ufficio assetto del territorio del Comune.
L’area sarà attraversata da una nuova viabilità collegata a via Roma e dovrà avere una permeabilità del 70 per cento.
L’obiettivo dichiarato dal Comune è: “Dare un senso compiuto all’assetto urbano che si andrà a consolidare con l’arrivo della tramvia, offrendo servizi ed infrastrutture adeguate, integrate in vasto parco urbano che favorisca la mobilita lenta e la fruizione pedo ciclabile, creando continuita con la zona circostante”.
Ora tornate a immaginare quella zona: meglio così com’è ora, col ruolo di creare uno stacco abbastanza netto tra Firenze e Bagno a Ripoli, o meglio creare un nuovo quartiere con criteri di attenzione ambientale e architettonica e nuovi servizi? In questo caso è preferibile la conservazione o lo sviluppo?
Il titolo è la domanda finale sono propedeutici ad osannare gli interventi.
Un altra visione direbbe: speculazione edilizia gestita da privati a danno della comunità o valorizzazione a favore dei cittadini con il Parco pubblico sull’Arno e collegamento ecologico e mantenimento della biodiversità?
Quella fatta da Salvini era definita “la Bestia”
Purtroppo, come tuo solito, dai giudizi, anzi pre-giudizi, indipendentemente da ciò che è scritto. Titolo e domanda finale sono asettici, ognuno è libero di dare la risposta che preferisce. Lo sviluppo può essere positivo o negativo, così come la conservazione. Nessuno dei due termini vincola un parere. Il titolo che suggerisci tu, invece, è una (legittima ma di parte) presa di posizione. Ma ti piaceve fare il parallelo con Salvini, solo che quella è un’accusa che puoi fare allo specchio da bravo “squadrista del web” quale ti dimostri. Ah, per tua informazione io sono per la conservazione di quella parte del pian di ripoli così com’è ora.
Sviluppo di cosa? Di per sé questa parola non significa niente, o forse voleva dire sviluppo di traffico, di inquinamento, di inutile cemento?
Meglio chiedersi se questa trasformazione del paese corrisponda all’interesse dei cittadini e alla loro buona qualità della vita.
La questione è mal posta, perché ripropone una contrapposizione fra un preteso sviluppo (termine vecchio e privo di contenuto), che deve necessariamente passare attraverso il cemento e l’asfalto, e una altrettanto pretesa conservazione, nella quale vengono comprese le idee alternative a questa visione.
Questa contrapposizione è strumentale a legittimare la continua cementificazione del territorio, additata come unico modello di innovazione e progresso; idea ormai vecchia di sessanta anni, che oggi non possiamo più permetterci.
Scienziati ed enti istituzionali nazionali e sovranazionali ci avvertono che per contrastare il riscaldamento globale è indispensabile anche arrestare il consumo di suolo; a Bagno a Ripoli, invece, si va nella direzione opposta e si continua a consumare suolo senza che vi sia una reale necessità se non l’interesse economico dei proprietari dei terreni.
Vogliamo quindi uscire da questa contrapposizione e provare finalmente a ragionare in modo diverso?
Questo è il punto cruciale, cerchiamo di capirlo!
La vera domanda da fare, allora, è un’altra: “vogliamo una pianificazione ancorata ad idee vecchie e dannose per il territorio o una pianificazione ispirata ad una visione alternativa?”
Di questo tutta la cittadinanza deve essere chiamata a discutere quando si modificano gli strumenti urbanistici e si adottano scelte che potrebbero avere conseguenze irreversibili; a questo deve servire la partecipazione!
Così facendo, chissà quante idee alternative potrebbero emergere: spazi per attività scolastiche all’aperto dei vicini istituti, spazi per agricoltura sociale, corridoio ecologico fra il futuro parco di Ripoli e l’Arno, ecc.
In tal modo, eviteremmo la saturazione del Pian di Ripoli, la saldatura con Firenze e lo svuotamento del centro storico di Bagno a Ripoli, dando a quei terreni una destinazione che permetta di mantenere una buona qualità della vita per i cittadini.
La contrapposizione è tra sviluppo, inteso come cambiamento di una situazione, e conservazione, intesa come salvaguardia di una situazione. Nell’articolo non si fa alcun parallelo tra sviluppo e progresso, si offrono elementi di valutazione per un confronto tra due visioni. Si danno notizie utili alla cittadinanza per capire, senza voler indirizzarne il giudizio.
Le domande da porre a seguito dell’articolo sono:
Cosa si intende per SVILUPPO? È uguale a crescita? E eventualmente crescita di cosa?
La modernità è quella che riflette il solito modo di fare e decidere che dura dal 1960 oppure quello che deriva dalle esigenze attuali e future?
Qual è la più importante necessità oggi? Credo che non ci siano dubbi: il futuro è la salvaguardia del pianeta e della sopravvivenza del genere umano. Il consumo di suolo, qualsiasi sia la ragione, risponde a questa esigenza attuale e futura o a esigenze che permangono invariate dal 1960? Se questa esigenza primaria va rispettata, lo sviluppo e la crescita vanno coniugate adattandolo a questa priorità. Questo non significa rinunciarci, ma adattare ad essa.
Chi non affronta questa sfida con questa priorità chiara, non è adatto ad amministrare oggi un territorio come quello di Bagno a Ripoli.
Ma dì che cazzo state a parlà… Cementificano un prato. Punto! Questi sono i fatti. E lo fanno a spese dei cittadini… ma chi cazzo è sto Gandolfo … il Poggi? Ma ribaltategli le scrivanie!
Personalmente non approvò i toni e la sequenza logica dell’intervento di Federico anche se “sta dalla mia parte”.
La forza della discussione sta nella razionalità degli argomenti proprio perché in questo caso è molto carente proprio da parte dell’Amministrazione che sbandiera attenzione all’ambiente ed opera esattamente al contrario avendo come vero obiettivo evidenti interessi economici. Bisogna sempre tenere presente che la parte politica è stata scelta dalla maggioranza dei cittadini e la parte tecnica è stata scelta ed opera sulle direttive di quest’ultima.
Non sono quindi invettive o azioni eclatanti che possono avere un risultato, ma la crescita della coscienza politica dei cittadini è la loro educazione a giudicare gli amministratori in base alla coerenza fra azioni e obiettivi sbandierati prima delle elezioni. E fare in modo che il giudizio si esprima nelle occasioni di partecipazione disponibili, in particolare alle elezioni.
Infatti, i cittadini devono aprire gli occhi al posto dei così detti amministratori che li vogliono tenere ben chiusi.