Una petizione popolare nella quale si chiede di rivedere le scelte urbanistiche contenute nel Piano Operativo di Bagno a Ripoli, è l'”arma” a cui si affidano alcune associazioni del territorio per fermare quello che, a loro giudizio, è un uso sconsiderato del suolo.
La raccolta delle firme è iniziata ieri al giardino dei Ponti, dove è stato montato un gazebo e sono state fornite informazioni su come potrebbe trasformarsi Bagno a Ripoli, sia il capoluogo che le sue frazioni, secondo le previsioni del Piano Operativo che passerà prossimamente all’esame del Consiglio comunale.
La petizione è indirizzata al sindaco Casini, ai consiglieri comunali, alla Regione, alla Soprintendenza, ai leader nazionali di Pd (Letta), M5S (Conte) e Sinistra Italiana (Fratoianni) ed è promossa da Legambiente, Italia Nostra, Arca, Fridays For Future Firenze, Il Pianeta, Asd Piano Terra, Per una cittadinanza attiva, Potere al popolo, La Rete dei comitati per la difesa del territorio, Comitato amici di Mondeggi bene comune, Comiato di Vicchio e dintorni, Firenze in Tralice, Rifondazione comunista, Vas Circolo Chianti fiorentino.
Nel testo si sottolinea la responsabilità dei consiglieri comunali chiamati a disegnare il futuro di Bagno a Ripoli e si contesta la necessità di realizzare 127 nuove unità immobiliari tra capoluogo, Antella e Osteria Nuova in un comune la cui popolazione non è in crescita. Un uso del suolo che si aggiunge a quello derivante da scelte già effettuate: dalla variante di Grassina al doppio ponte di Vallina, dal Viola Park alla terza corsia dell’autostrada, e a 41.000 metri quadrati per edifici produttivi, commerciali, direzionali, scolastici privati.
“Il nuovo piano sembra soddisfare più gli appetiti edificatori che le esigenze della collettività – si afferma nella petizione -. Su queste scelte e sulle sue ricadute presenti e soprattutto future, i cittadini non sono stati informati adeguatamente e coinvolti attraverso un serio processo partecipativo”.
Due le richieste specifiche: “Si ripensino profondamente quelle previsioni urbanistiche che determineranno un consumo di nuovo suolo, privilegiando solo le nuove residenze che vengono da recupero del patrimonio edilizio esistente e valutando la nuova edificabilità di commerciale e produttivo sulla base di esigenze di sviluppo economico ed occupazionale documentate. Venga dedicato il tempo necessario per confrontarsi con la cittadinanza nel delineare il futuro di questo territorio, prima dell’adozione di nuovi strumenti urbanistici”.
“Puntare al consumo di suolo zero, ormai necessario per la salvezza dell’ecositema del Pianeta – dice l’architetto Umberto Alberti, di Cittadinanza Attiva – non significa essere contro qualsiasi nuova realizzazione. Però occorre che di fronte ad un uso del suolo ci sia un reale interesse per la comunità, non per il singolo. Questo è il metro di giudizio che dovrebbe avere l’Amministrazione comunale”.