“Mondeggi bene comune” è diventata un’Aps (Associazione di promozione sociale), entrando a pieno titolo nella legalità. Nei giorni scorsi è stato depositato lo statuto che ne definisce finalità e principi. Sull’atto di registrazione, datato 14/11/2022, lo scopo indicato è “attività di organizzazioni per la tutela dei cittadini”. Il rappresentate legale è Ivana Barzagli, il consiglio è formato da sette persone, oltre alla presidente, ne fanno parte: Susanna Sarno, Carlo Salinari, Jhoann Peter Effertz, Giovanni Pandolfini, Vanni Materassi, Jason Nardi. La sede è in via di Mondeggi 4, che coincide con la colonica occupata chiamata Rucciano.
“L’associazione opera per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di
utilità sociale”, si legge nello statuto dove si enunciano anche le attività perseguite, come la “gestione agroecologica del territorio”.
Vanni Materassi, 36 anni, è il più giovane componente del consiglio, ma si definisce “uno dei vecchi” dell’esperienza Mondeggi bene comune. Lo statuto è in linea con quanto vi era stato chiesto dalle istituzioni per aprire un dialogo?
“I tecnici della Città Metropolitana lo hanno letto è hanno detto che va benissimo, ci hanno solo suggerito qualche lieve modifica formale. L’Aps è già operativa”.
Non è contraddittorio avere la sede di un’associazione legale in una colonica occupata?
“La Città Metropolitana lo tollera perché c’è un dialogo in corso. Abbiamo stabilito la sede dell’Aps nella colonica di Rucciano appositamente per indicare una continuità tra prima e ora”.
Quindi potrete anche commercializzare la produzione dei terreni che coltivate?
“Certo, finora l’attività era… un po’ così. Ma la costituzione dell’associazione non riguarda tanto il commercio, affronta il problema di chi cura la terra e chi fa delle attività”.
E’ vero che Casa Spa (la società che gestisce il patrimonio immobiliare pubblico) ha chiesto di comprare il vostro olio per fare regali di Natale ai propri dipendenti?
“Sì, ci è arrivata una mail. Ma quest’anno non abbiamo dato olio a nessuno perché ne abbiamo prodotto poco. Comunque su se venderlo o meno, sarebbe partita una discussione interna”.
La Città Metropolitana sta preparando un progetto da 50 milioni di euro per Mondeggi con i fondi del Pnrr: quando inizieranno i lavori dovrete lasciare le coloniche presidiate (termine preferito a “occupate”)?
“Tutt’altro. Stiamo studiando con la Città Metropolitana come far convivere le nostre attività con i lavori del Pnrr. E’ una garanzia che abbiamo chiesto. Su questo aspetto stiamo portando avanti progetti e proposte”.
Quando inizieranno i lavori del Pnrr a Mondeggi?
“Per quello che sappiamo noi, a luglio inizierà la cantierizzazione dei vari lotti e gli interventi sulla rete stradale e le infrastrutture dei servizi”.
Poi ci sarà un bando di assegnazione di immobili e terreni?
“L’obiettivo è arrivare ad un progetto intermedio con alcune terre assegnate a noi di Mondeggi bene comune prima che comincino i lavori. Pensiamo a un tavolo di concertazione pubblica per la progettazione, che verifichi quali attività interessanti già ci sono che operano sul territorio. Si parte da lì per confermare e allargare il progetto”.
Siete disponibili a collaborare con altre associazioni a cui possono essere assegnate le case coloniche ristrutturate?
“Certamente, purché ci sia una visione unica, non sia un condominio. E’ importante mantenere i nostri valori e i nostri principi”.
E’ vero che c’è stato un dibattito acceso al vostro interno su questo progetto?
“Il dibattito interno c’è sempre stato, anche in passato. La nostra è una comunità orizzontale, senza capetti. Questo è stato un momento con maggiore discusione e confronto. Qualcuno andrà via, ma altri verranno. E’ già successo in questi anni di presidio di Mondeggi. Abbiamo creato una cosa unica in Italia e forse non solo in Italia; abbiamo assemblato nuovo materiale genetico fra chi è ‘duro e puro’ e chi è più disponibile al dialogo con le istituzioni. In alcuni casi c’è stata fusione in un’idea comune, in altri casi no. Il nucleo di Mondeggi bene comune, però, è quello che, oltre sette anni fa, ha aperto le case abbandonate”.
Come si vive dall’interno il passaggio da illegalità a legalità?
“E’ stato un processo non divisivo ma molto elaborato per il nostro movimento. Siamo in questa fase perché anche dall’altra parte c’è disponibilità. Ora ci interessa la parte gestionale che deve essere il più orizzontale possibile: se arriva qualcosa dall’alto ci si richiude dentro. Intanto noi ad anno nuovo faremo proposte interessanti, non siamo fermi ad apettare”.