“Non esiste chi ha ragione o chi urla più forte quando ci sono donne, uomini, bambini che soffrono. Bisogna dire da che parte stare. E il Comune di Bagno a Ripoli sta con i più deboli, siano i disperati sui barconi, gli anziani o le donne maltrattate, e con chi li aiuta”: parole inequivocabili, pronunciate dall’assessora al sociale Eleonora Francois, in rappresentanza della giunta, intervenuta ieri sera alla manifestazione “Io sto con Carola”, in piazza della Pace a Bagno a Ripoli.
Oltre 200 persone si sono radunate per testimoniare la loro solidarietà nei confronti della comandante della Sea Watch 3 e dei 42 migranti tenuti per giorni in mezzo al mare. La manifestazione è stata organizzata in modo spontaneo. A dare il via al tam tam sui social e al passa parola è stato il consigliere comunale Andrea Bencini, la cui iniziativa è stata rimbalzata da molti altri. In piazza della Pace c’erano rappresentanti della giunta comunale, oltre a Francois, gli assessori Francesco Pignotti e Francesca Cellini (il sindaco Casini aveva un impegno istituzionale fuori Firenze), il presidente del Consiglio comunale Francesco Conti, i capigruppo Edoardo Ciprianetti (Pd), Riccardo Forconi (Cittadini di Bagno a Ripoli), Sonia Redini (Cittadinanza attiva), numerosi consiglieri comunali, rappresentanti di forze politiche e associazioni.
In molti hanno voluto testimoniare con brevi interventi l’indignazione per ciò che è avvenuto a Lampedusa e la vicinanza con la giovane capitana tedesca. Particolarmente coinvolgenti le parole di don Fabio Masi, parroco di Santo Stefano a Paterno: “Legalità è uguale a moralità? – si è chiesto – La legge non è un assoluto. Lontano da me disprezzare lo stato di diritto, che è una cosa importante, ma c’è una coscienza e un’etica da rispettare”.
Il commento
Sono sincero, il comportamento di Carola Rackete non mi è piaciuto. Ritengo che la “Capitana” non sia immune da colpe in questa vicenda. Ha accettato il braccio di ferro col governo italiano pur sapendo che chi aveva a bordo ne avrebbe potuto patire le conseguenze. Ha deciso per una manovra navale azzardata e sbagliata, come lei stessa ha ammesso, per forzare l’attracco. Tuttavia il suo comportamento è l’effetto, non la causa, della tracotanza di Salvini e della sua smania di protagonismo per distogliere l’attenzione dai problemi del Paese. Non ho quindi alcun dubbio da quale parte stare.
Anche perché c’è un elemento che non è stato sufficientemente valorizzato nell’esame di questo caso. I 42 a bordo della Sea Watch non erano dei migranti, non erano degli extracomunitari intenzionati a forzare i confini italiani. Nel momento in cui sono stati raccolti in mare, erano, anche dal punto di vista giuridico, semplicemente solo dei naufraghi, senza altre etichette. Ed i naufraghi si salvano e si portano a terra, senza obiezioni di sorta. Solo una volta sbarcati si applicano le leggi, se ne controlla la provenienza, si identificano e si accolgono, si espellono o si redistribuiscono. Lo si può fare quando sono sul molo, non mentre galleggiano in mezzo al mare.
Il problema è che quei 42 erano neri e africani. Condizioni che, solo a parole, il leader leghista e i suoi sostenitori affermano essere ininfluenti. E allora li sfido a rispondere a questa domanda: se la Sea Watch avesse raccolto 42 naufraghi americani o australiani o giapponesi, scegliete voi, quindi tutti rigorosamente extracomunitari, le sarebbe stato negato l’attracco a Lampedusa?
Francesco Matteini