L’amianto dell’ex fornace Brunelleschi a Capannuccia continua a turbare i sonni della popolazione. Giovedì se ne parlerà nuovamente in Consiglio comunale. Sull’argomento ha presentato un’interrogazione la consigliera Quirina Cantini del M5S. Il problema è annoso e non di facile soluzione. Io non ho dubbi sull’impegno e la dedizione che il sindaco Casini e l’assessore Frezzi stanno mettendo per risolvere il caso. Così come mi fido dei rapporti di Asl e Arpat che assicurano che non c’è un pericolo imminente. Tuttavia se abitassi vicino all’ex fornace mi girerebbero parecchio le palle. Con l’amianto non si scherza, l’ho già scritto altre volte su questo blog. E qui non si tratta di una canna fumaria o una tettoia: ci sono centinaia di metri quadri di capannoni in cemento-amianto a ridosso della frazione di Capannuccia e a poche centinaia di metri in linea d’aria dall’asilo. Ed è proprio per via aerea che possono propagarsi le terribili fibre di amianto. Le verifiche fatte finora hanno accertato che questo spolvero letale attualmente non c’è. Ma il problema è proprio relativo all’evoluzione della condizione dei capannoni. In una situazione di degrado e abbandono, per stare tranquilli, occorrerebbe un monitoraggio costante. Chi può garantire che gli agenti atmosferici, vento, pioggia, micro scosse telluriche, o eventi impreviste (tipo il rave party del novembre scorso) non possano mutare improvvisamente le condizioni? E’ evidente che la bonifica di un insediamento industriale così ampio non possa ricadere sulle casse comunali e la procedura per obbligare il privato ad intervenire, essendoci pendente un fallimento, ha tempi che non si conciliano con quelli della salute pubblica. Per questo credo che il “caso ex fornace” dovrebbe essere affrontato come un’emergenza ambientale. Più o meno come quando si scopre un residuato bellico. Nessuno si sogna di limitarsi a disinnescare l’ordigno: si mette in sicurezza la zona e lo si fa brillare, cancellando il pericolo. Anche l’ex fornace Brunelleschi dovrebbe essere considerata una bomba ecologica da far “brillare” in qualche modo. Chi deve intervenire? La protezione civile? I vigili del fuoco? L’esercito? Certo non può decidere da solo il Comune di Bagno a Ripoli. La Città metropolitana che dice? E la Regione? I costi di un’operazione di bonifica così impegnativa non possono che finire su spalle finanziariamente più grosse, fino ad arrivare allo Stato. Sarà poi questi, se possibile, a rivalersi sul privato. Temporeggiare ancora non è più accettabile.
nell’ex fornace c’è un piano di urbanizzazione fermo da anni e in molti ci domandiamo perchè (come amministratore un paio di idee sul perchè me le sarei fatte…). E’ evidente che ormai il toro va preso per le corna e si deve risolvere un problema che finora non abbiamo risolto. Inoltre c’è un Tribunale in mezzo e qualche decisione andrà presa. Non so’ se ho coniugato bene il verbo “andare”, potrebbe essere: andava, oppure andrebbe oppure è (presa)
Io le idee me le sono fatte da 10 anni ma nessuno mi ha ascoltato…L’area di quella fornace assomma tutte le contraddizioni dell’urbanistica del nostro comune da sempre e comunque asservita ai grandi, come ai piccoli e piccolissimi potentati locali speculativi. La rendita dai fabbricati preferita alle attività produttive. Così in quell’area sono previsti circa 250 appartamenti che nonostante il fallimento della proprietà e visti i tempi costituiscono più un debito che una rendita. Nonostante questo anche il nuovo Regolamento urbanistico ripropone il recupero dell’area industriale ad abitativa. E pensare che il Sindaco attuale sta cercando spazi per accogliere attività produttive. A lui chiedo per quanto ancora la programmazione urbanistica e lo sviluppo di Bagno a Ripoli debba prevedere consumo di nuovo territorio pur di difendere la cristallizzazione di diritti inesistenti dietro previsioni urbanistiche sbagliate (per la comunità già 20 anni fa), come quelle di Capannuccia. A poche centinaia di metri, molti non lo sapranno, ma Scervino ha chiesto di recente 10.000mq per allargarsi dopo che per fargli spazio abbiamo raso al suolo una fornace storica a monte di Scolivigne e nello stesso periodo abbattuto una Leopoldina per far posto ad altri, evidentemente ben ammanigliati, per quel pimpinnacolo di stabile sullo scollino all’incrocio per Mondeggi. Mi scuso se sono partito da lontano, ma se per togliere l’amianto aspettiamo che lì ci facciano 250 appartamenti, (curatela fallimentare o no) quelle strutture avranno tempo per cadere a terra. Mi sembra evidente che scervino o non scervino la previsione non possa restare quella attuale.