Nel 2016 venne individuata dagli archeologi russi una fossa comune a Kirov, mille chilometri a est di Mosca lungo la ferrovia Transiberiana, tra le sepolture anche soldati italiani. Nel libro “Le fosse di Kirov”, che domani sabato 11 febbraio, ore 17, sarà presentato alla Casa del popolo di Grassina, Manuel Noferini racconta e documenta con foto a colori le operazioni di scavo e i reperti rinvenuti dalle missioni di recupero dei volontari dell’Italian Recovery Team e Gotica Toscana Onlus al fianco degli archeologi russi.
A Kirov la fossa comune si trovava accanto alla ferrovia: in quella città, lontana centinaia di chilometri dal fronte erano stati realizzati campi di lavoro e di prigionia per i militari catturati dall’Armata Rossa, la maggior parte dei quali non sono sopravvissuti alle spaventose condizioni di vita a cui erano costretti. Ma perché questa verità venisse alla luce sono stati necessari decenni di ricerche.
Le fosse di Kirov hanno restituito i poveri resti di circa 1.600 soldat. Gli oggetti e le uniformi riemerse permettono di dire che si tratta di tedeschi, ungheresi e italiani, di tutti i reparti militari. Solo una minima parte di loro ha avuto una identificazione per nazionalità o reparto e ancor meno un nome e un cognome.
Pannelli che illustrano la campagna di Russia sono esposti in questi giorni nel corridoio che collega la Cdp a piazza Umberto I.