
Il territorio di Bagno a Ripoli si arricchisce ufficialmente di un immobile di pregio per il quale la Soprintendenza ha avviato la procedura per il provvedimento di tutela. Si tratta della Cappella Medici-Tornaquinci (già chiesa di S. Jacopo a Celle), che si trova in via Gobetti, a Grassina. La cappella, di proprietà privata, è stata sconsacrata nel 2004.
La relazione dove si comunica l’avvio del procedimento di dichiarazione di “interesse particolarmente importante” è firmata dalla soprintendente Antonella Ranaldi, dalla funzionaria di zona Rosella Pascucci, dalla funzionaria storica dell’arte responsabile del procedimento Anna Floridia e dalla responsabile dell’struttoria Francesca Guarducci.
La piccola chiesa si presenta come un vano a pianta rettangolare, con muratura in pietra intonacata, e tetto a capanna. Il prospetto principale presenta un portale in pietra serena sormontato da un timpano triangolare. All’interno dell’architrave del portale è presente uno stemma araldico, presumibilmente della famiglia Medici. L’insieme è caratterizzato dalla presenza sulla parete di fondo dell’altare e di una importante decorazione parietale databile alla fine del XVI secolo.

La Chiesa di S. Jacopo Apostolo a Celle connota ancora oggi con la sua presenza il paesaggio del centro abitato di Grassina. Per la sua tipologia, si configura quale parrocchia nata e destinata inizialmente per i piccoli agglomerati a destinazione agricola e, successivamente, quale cappella privata di ricche famiglie fiorentine desiderose di una residenza estiva, alle porte di Firenze.
Tra le fonti più autorevoli che ci permettono di ricostruire la storia della chiesa si annovera Guido Carocci che, nel suo celebre testo su “I dintorni di Firenze”, descrive: “S. Jacopo a Cella o a Cella, ora è una cappella della famiglia Medici; un giorno fu una piccola parrocchia che venne soppressa nel passato secolo”. Sempre Carocci, nell’edizione successiva del 1907, precisa ulteriormente che la Chiesa di S. Jacopo a Celle era “la chiesa d’un piccolo popolo che comprendeva soltanto poche case situata sulla sinistra del torrente Grassina. Era di patronato dei Peruzzi che vicino ad essa ebbero antichi possessi. Fu soppressa, perché priva di rendite ed il popolo venne aggregato parte a quello di S. Michele a Tegolaia e parte a quello di S. Martino a
Strada. La chiesetta divenne oratorio addetto alla vicina villa dei Peruzzi, ed ora serve di cappella gentilizia alla famiglia Medici”.

Dalle sue antiche origini fino ai giorni nostri, la cappella ha dunque subito trasformazioni dovute al cambio d’uso da chiesa parrocchiale a cappella privata di illustri famiglie fiorentine, divenute nel tempo proprietarie della vicina villa, tra cui i Peruzzi prima, i Medici poi, e infine i Tornaquinci, uniti per matrimonio alla casata medicea. La famiglia Medici-Tornaquinci aveva destinato la cappella alla sepoltura di alcuni membri, come documenta la presenza di alcune sepolture databili tra il 1835 e il 1933, le cui salme sono state rimosse nel 2024.
I vari passaggi di proprietà della villa e dell’annessa cappella sono inoltre descritti nei “Ricordi Storici e Monumenti civili” (1889) dell’allora segretario del Comune di Bagno a Ripoli Luigi Torrigiani, che ricorda le famiglie dei Peruzzi (anno 1427), Pelacani, Vanni, Corsellini, Medici-Tornaquinci e scrive: “La piccola frazione della Contrada di San Jacopo a Celle, ora incorporata in questa di San Martino a Strada, è quella dove resta la Villa di Celle di proprietà del Marchese Medici-Tornaquinci al n°154 sulla Strada che dal Borgo di Grassina va alla Chiesa di Carpineto”.

Luigi Torrigiani ricorda anche che sopra l’altare “sembra che fosse un quadro di molto pregio in cui era rappresentato San Jacopo Apostolo titolare della soppressa Parrocchia di Celle, ma che, essendo stato per l’isolamento dell’Oratorio, circa 30 anni fa rubato e venduto per venti paoli, moneta toscana, pari a circa Lire 11,20, moneta italiana, fu rivendicato dalla famiglia proprietaria
Medici-Tornaquinci, che per maggiore sicurezza lo conserva nel proprio Palazzo di Firenze”.
Il provvedimento di tutela, una volta certificato, impedirà che l’edificio possa essere adibito a scopi non congrui con la sua attuale destinazione.