La “Lavandaia”, simbolo di Grassina, in un libro sulle 100 fontane di Firenze, in compagnia, tanto per citarne un paio, col Biancone di piazza Signoria e il Porcellino dell logge. All’opera di Silvano Porcinai è dedicato un capitolo di “Le 100 fontane di Firenze – “Dall’acqua del Granduca a quella del Sindaco” scritto da Francesco Giannoni per la Casa editrice Florence Art.
Ecco il capitolo che Giannoni dedica alla Lavandia di Grassina
L’antico mestiere della lavandaia è celebrato da una nota canzone infantile e dal bronzeo Monumento alla Lavandaia di Grassina creato dall’artista Silvano Porcinai.
Il monumento-fontana rappresenta a grandezza naturale una donna intenta a lavare i panni. È giovane questa ragazza, lo sguardo è concentrato nel lavoro, il naso forte e aquilino, le braccia toniche, messe in evidenza dalle maniche tirate su, fin quasi alle spalle; belle le mani dalle dita affusolate, che presto si rovineranno per il duro lavoro.
L’abbigliamento è semplice, da popolana al lavoro; la testa è riparata dal sole da un fazzolettone da cui sfuggono alcune ciocche dei capelli che ci immaginiamo arruffati. Come calzature, gli zoccoli; uno è infilato per metà nello snello piede, l’altro è finito per terra.
Inginocchiata sulle rive di un corso d’acqua, qua rappresentato da una vasca rotonda delimitata da un muro in pietra forte, sta lavando un lenzuolo strofinandolo su una tavola in legno dotata di scanalature per un attrito e una pulizia più efficace. Accanto, due attrezzi del mestiere: la cesta in vimini dove riporre i panni e la mestola per batterli.
Descrivono l’ambiente dove lavoravano le lavandaie gli elementi naturali di contorno alla figura, realizzati con un’occhiata alla Fontana del Cinghiale: numerose foglie cadute a terra dagli alberi che costeggiano il fiume e alcuni animali, fra cui una lucertola e una serpe che ha appena afferrato una rana. Sembra cruenta la lotta fra due granchi di fiume.
Sul profilo posteriore della base del monumento, è inserita la scritta “cadenzato dalla gora viene lo sciabordare delle lavandare con tonfi spessi e lunghe cantilene”. Sul lato destro un altorilievo omaggia Santa Chiara, patrona delle lavandaie.
Il Monumento alla Lavandaia di Grassina è stato posto nel 2009, nella piazza Umberto I della frazione di Bagno a Ripoli, alle porte di Firenze. Numerosi sponsor hanno contribuito alla realizzazione.
Per secoli Grassina è stata la lavanderia delle famiglie benestanti e degli alberghi di Firenze. Carri e carrette, trainati da buoi, muli e asini, facevano la spola tra Firenze e Grassina, all’andata piene di panni sporchi e maleodoranti, al ritorno con lenzuola, tovaglie, camicie e asciugamani candidi e profumati, lavati dalle donne di Grassina nei fiumi e soprattutto nei fossi di cui era ricca la campagna intorno.
Si lavava con il sapone o con il ranno. Questo si otteneva filtrando la cenere in acqua che si arricchiva di carbonato di potassio, silice, calcio e magnesio. I panni erano immersi nel ranno per una notte; la mattina la lavandaia li toglieva e li andava a sciacquare al fosso e al fiume.
Poi sono arrivate le lavatrici. Per fortuna, ma qualcuno fra i più anziani ancora ricorda il pulito e il profumo dei panni lavati di fresco dalle lavandaie.