Prende vita in questi giorni “Giambologna e la Fata Morgana”, la nuova campagna di raccolta fondi a favore del patrimonio culturale, rivolta a privati ed aziende.
Si tratta di un nuovo progetto di mecenatismo voluto da Giorgiana Corsini e Neri Torrigiani, che nel 2018 hanno donato un contributo di 50.000 euro per la riapertura del Museo della Manifattura Richard Ginori di Doccia e nel 2019 la cifra di 40.000 euro per finanziare i restauri delle opere d’arte realizzate per la comunità russa a Firenze tra Ottocento e Novecento.
“Nella ricerca di luoghi di alto valore culturale nascosti o dimenticati, da salvaguardare e traghettare nel futuro secondo il principio guida della nostra manifestazione, abbiamo individuato per la campagna 2020 un curioso complesso cinquecentesco, esempio particolarissimo di architettura da giardino, a metà tra la tipologia del ninfeo e quella del grotto, che al suo interno custodiva la statua marmorea della Fata Morgana scolpita da un giovanissimo Giambologna”, spiegano gli ideatori del progetto Giorgiana Corsini e Neri Torrigiani.
L’obiettivo è dunque riprodurre artigianalmente con tecnologie modernissime la statua da ricollocare nel luogo per cui è stata pensata e successivamente restaurare l’intero complesso della “Fonte della Fata Morgana” – conosciuta anche come “Casina delle Fate” – fatto costruire da Bernardo Vecchietti nella seconda metà del Cinquecento all’interno del parco della villa Il Riposo, sua residenza estiva ai piedi del colle di Fattucchia, sopra Grassina.
“La nostra curiosità si è accesa anche dall’analisi del complesso architettonico cresciuto intorno alla fonte, dove l’acqua – se inizialmente veniva offerta agli ospiti della famiglia Vecchietti – poi diventava ‘pubblica’ a disposizione dei viandanti, nonché abbeveratoio per le bestie ed infine lavatoio: un’idea di economia circolare dell’acqua ante litteram!” aggiungono gli organizzatori.
L’edificio si distingue per l’intonaco esterno a finti mattoni rosa, che contrasta con la bianca pietra alberese “bugnata” posta a ornamento di porte e finestre così da creare un’atmosfera fiabesca e suggestiva. Il pavimento interno è costituito da un mosaico di piccoli sassolini bianchi e neri che, sulla soglia, compongono la scritta “Fata Morgana”.
A completamento della campagna di raccolta fondi “Giambologna e la Fata Morgana”, anche quest’anno Giorgiana Corsini e Neri Torrigiani – organizzatori di “Artigianato e Palazzo” – hanno inoltre deciso di coinvolgere un giovane ed affermato artista contemporaneo a cui produrre dieci opere in modo che le donazioni raccolte confluiscano nella raccolta fondi.
Sarà dunque Nicola Toffolini, attraverso un percorso già iniziato con con gli studenti del corso di scultura dell’Accademia di Belle Arti di Firenze del professor Cristian Biasci, a realizzare dieci pezzi unici presentati in un apposito catalogo con un testo introduttivo di Antonio Natali, già direttore della Galleria degli Uffizi.
Nuove opere d’arte ispirate a quelle del Giambologna sottratte nei secoli all’edificio della “Fonte della Fata Morgana” e andate disperse: in primis il “mascherone” di Medusa – originariamente collocato nella nicchia esterna dalla quale i viandanti potevano approvvigionarsi dell’acqua – ma anche il “mostaccio di gatto” da cui zampillava l’acqua, lo stemma della famiglia Medici con relativo Toson d’Oro del Granduca Cosimo I di Toscana e il sole del “trigramma” di San Bernardino da Siena (la scelta del Santo è chiaramente legata al nome del committente Bernardo Vecchietti).
“Il nostro auspicio – concludono Giorgiana Corsini e Neri Torrigiani – è quello poi di poter realizzare, nella grandezza originale la “nuova” immagine di Medusa tra quelle realizzate da Toffolini – e selezionata da una apposita Giuria – per collocarla là dove era stata pensata per accogliere e rinfrescare i viandanti di questo angolo di campagna toscana”.
Donato alcuni decenni fa dalla famiglia Morrocchi al Comune di Bagno a Ripoli, la “Fonte della Fata Morgana” necessita di un urgente intervento di restauro.
L’iniziativa “Giambologna e la Fata Morgana” è aperta a tutti e la si può sostenere con qualunque cifra.
Comunque per quel che mi ricordo, la casa delle fate non era in mattoni rossi ma in pietra chiara tipo galestro, credo anche che il ninfeo fosse in comunicazione con un tunnel fino al poggio di San Giorgio credo si chiami così il colle sopra la fonte stessa, sotto gl’archi c’erano tre viai che prendevano acqua dalla fonte sulla sinistra che buttava sul primo viaio, iI ninfeo è sempre stato chiuso con una grata.