“Quando ho firmato le dimissioni mi tremava la mano. Tutti aspiriamo alla pensione, poi quando si arriva al momento fatidico… Mi sono chiesto se stavo facendo la cosa giusta”: domani, sabato 28 gennaio, per Piero Coltellini, direttore della Coop dell’Antella, sarà l’ultimo giorno di lavoro; l’ultimo giorno dopo oltre quarant’anni da dipendente della Coop.
Direttore, quando è iniziata questa parte di vita che sta per concludersi?
“Ho cominciato nel 1979 come addetto al supermercato Coop di Sesto Fiorentino, dove abito. Poi ho girato un gran numero di punti vendita facendo carriera fino al ruolo di direttore che ho svolto in molti posti. All’Antella sono arrivato all’inizio del 2017: sono qui da sei anni, il periodo più lungo nello stesso supermercato, ma sono volati… volati bene”.
Chi prenderà il suo posto?
“Per un breve periodo di transizione ci sarà un allievo direttore che arriva dalla Coop dell’Impruneta, Gabriele Arpaia, che sta iniziando a fare esperienza, poi arriverà un nuovo direttore”.
Che consiglio può dare a un allievo direttore?
“Ogni negozio è un mondo a sé, conoscere il territorio è importante. In questo lavoro non si finisce mai di imparare. E ogni volta è un’esperienza unica professionale e umana”.
Un lavoro duro?
“Sì, un lavoro molto duro che ti spreme dalla mattina alla sera. Occorre fare fronte alle richieste più disparate, avere contatti con gente comune e autorità: Ci vuole elasticità mentale giornaliera per imparare a inquadrare i problemi nella loro giusta dimensione. Un direttore deve saper valutare e avere pacatezza”.
E’ stato bene all’Antella?
“Quando arrivai, il negozio già dall’esterno mi dette buona impressione, ero certo che sarei stato e avrei fatto bene. In una realtà piccola il rapporto con i clienti diventa quasi fra parenti; ci si chiama per nome; si conoscono storie e abitudini. Alla fine ti attacchi al territorio. Abito a Sesto ma ho vissuto più qua che là. Ho instaurato un bel rapporto con tutti: la sezione soci Coop, il Crc Antella, i Carabinieri”.
Momenti difficili?
“Certamente il periodo buio del Covid. Siamo diventati un punto di riferimento, era una cosa difficile da affrontare ma ci ha rafforzato nel rapporto con la clientela e con il gruppo di 23 dipendenti: siamo diventati una grande famiglia allargata. Il Covid è stato qualcosa mai vissuto; ho provato la difficoltà di non sapere cosa fare, non avevamo mascherine, nessuno sapeva niente. Un momento che mi ha segnato. Ma non ha preso il sopravvento lo sconforto. Capisci che devi aiutare il territorio, diventi un supporto alle persone anche solo per parlare. La Coop è stata un punto di aggregazione, abbiamo cercato di dare dare sicurezza alla clientela: è stata una grande esperienza”.
C’è concorrenza fra voi direttori dei supermercati Coop della zona?
“C’è la giusta concorrenza che ci stimola a fare meglio. Qualche telefonata un po’ goliardica su chi ha incassato di più perché siamo amici. C’è anche tanta collaborazione, l’azienda è unica”.
Lei ormai è (quasi) fuori. Da cliente quale sceglierebbe fra i quattro supermercati Coop a Bagno a Ripoli?
“Ognuno ha proprie peculiarità. Ponte a Ema funziona bene perché è sulla via principale, ha il parcheggio coperto, negozi di vicinato al piano superiore. Grassina è un negozio tipico del quartiere, di servizio alla zona. Antella ha un parcheggio più fruibile di Grassina, un negozio più luminoso, ha sul retro la farmacia che è un plus non da poco: chi va a trovare i malati all’ospedale dell’Annunziata spesso viene all’Antella per la farmacia e si ferma a fare la spesa. Bagno a Ripoli ha più scelta, ha la pescheria, un parcheggio più ampio, serve soprattutto l’abitato di Bagno a Ripoli. Poi c’è Gavinana, ma ci vuole tempo per fare la spesa come in tutte le grandi strutture. Da noi, se vuoi prendere qualcosa in cinque minuti lo puoi fare”.
Un bel ricorso?
“La sistemazione della scala che scende alla fermata dell’autobus, con l’installazione del corrimano – ricorda? se ne occupò anche QuiAntella – è stata una bella cosa. Sono riuscito a dare una risposta non scontata al territorio” (vedi articolo).
Cosa le mancherà del lavoro?
“Io e i miei colleghi siamo attaccati a questo lavoro, che si può fare solo con passione. Ci spreme, ma ci ha fatto crescere. Ora mi si apre un nuovo mondo a cui non sono abituato… ho tanti interessi… ma pure un po’ di malinconia”.