Da giorni l’ingresso all’Antella è segnalato da un mucchio di stracci abbandonati. I due cassonetti gialli del progetto Ri-Vesti della Caritas diocesana, che si trovano in via dell’Antella, vicino alla fermata dell’ìAtaf, e in via di Pulicciano, davanti alla scuola Michelet, sono stati trasformati in una mini discarica a cielo aperto. Anziché inserire gli abiti usati nelle fessure dei cassonetti, qualche incivile ha pensato di abbandonarli lì intorno, sparsi dappertutto. Così da alcuni giorni questo spettacolo indecoroso accoglie chi arriva in paese. Un bel biglietto da visita, non c’è che dire.
Purtroppo le buone intenzioni del progetto cozzano con il comportamento incivile di molti cittadini che utilizzano qualsiasi postazione di cassonetti, siano per i rifiuti o per altro, come punto per scaricare ciò che non serve più. Qualcuno provvederà. Si salva solo la postazione nel parcheggio di fianco alla Coop, più centrale e più in vista delle altre per permettere scarichi illeciti senza rischi di essere individuati.
I ricavi della vendita degli abiti usati servono innanzitutto a coprire quelli che sono i costi diretti di gestione del servizio gestito dalla Cooperativa San Martino Onlus, creata dalla stessa Caritas, ovvero: acquisto, manutenzione e gestione degli automezzi, consulenze, tasse, autorizzazioni, carburanti, acquisto e manutenzione cassonetti. Questi costi sono circa il 40% del totale. Quindi i costi del personale normodotato impiegato nel servizio. Tale costo corrisponde al 10% del totale. Le retribuzioni del personale svantaggiato, ovvero di quelle persone impiegate nel servizio che sono assunte ai sensi della legge 381 delle cooperative sociali in quanto svantaggiate (pazienti psichiatrici, invalidi civili, tossicodipendenti, detenuti). Questo costo, di valenza sociale poiché consente l’autonomia a persone che altrimenti graverebbero assai di più sui costi di assistenza, corrisponde a circa il 12% del totale. I costi generali di gestione della cooperativa (personale amministrativo e di coordinamento, utenze, consulenze, affitti, ammortamenti, automezzi, assicurazioni e altri costi), per un totale del 15%. Il resto dei ricavi (23%) viene infine impiegato per sostenere alcuni progetti sociali della cooperativa e per contribuire ad alcuni progetti della Caritas Diocesana.
naturalmente la colpa più grossa è quella di chi sversa i rifiuti per strada, ma anche la cooperativa in certi periodi dell’anno potrebbe fare i prelievi più spesso perché tutti i raccoglitori sono pieni o malfunzionanti
Forse l’articolista non ha mai visto che c’è anche chi tira fuori dal cassonetto i capi di vestiario per scegliere e poi lascia a terra quelli che scarta. E a far così non sono nostri concittadini ma individui ai quali tutto pare dovuto. Basterebbe collocare i cassonetti in un punto inquadrato da una telecamera. Forse faremmo meglio a non metterci nulla in quei cassonetti della Caritas e consegnare quel che non ci serve più, ma che ha un aspetto ancora molto decoroso, direttamente a persone conosciute che ne hanno bisogno tanto quei capi di vestiario vengono venduti nonostante il progetto di chiami ‘rivesti’ (e su questo tipo di mercato ci sarebbe molto da riflettere).