L’ha intitolata “Riflessioni sulle comunicazioni dei gruppi whatsapp dei genitori degli alunni”: è la circolare interna che il professor Marco Panti, dirigente scolastico dell’Istituto compresivo Caponnetto (le scuole della zona Antella-Grassina) ha inviato a tutti i genitori. Si tratta di una tirata d’orecchie piuttosto articolata riguardo all’uso, ormai diffusissimo, dei gruppi whatsapp. In questo caso ad essere “bocciati” nell’uso di questo nuovo strumento di comunicazione non sono i ragazzi ma i loro genitori.
Il professor Panti parte soft per introdurre l’argomento: “La tecnologia agevola e migliora la nostra vita in molti modi, ma alcune sfaccettature del suo uso vanno accuratamente meditate… Aal di là delle facili apparenze, le nuove generazioni fanno più fatica ad emanciparsi e ad assumere le proprie responsabilità… Cosa c’entrano i gruppi whatsapp dei genitori? Risposta: C’entrano nella misura in cui attraverso questo strumento i genitori sollevano i figli dalle proprie responsabilità”.
Ed ecco che scatta la requisitoria del dirigente scolastico: “Mi spiego meglio: se un bambino dimentica di scrivere sul diario i compiti, non sa come risolvere un problema, non ha preso appunti in classe….ecco in soccorso il gruppo whatsapp dei genitori. Risultato: il problema sarà fatto senza sforzo e conseguentemente sarà evitata ogni visibile impreparazione in classe per non aver studiato. Apparentemente sul momento tutto quindi sembra perfetto. Se non fosse che concentrarsi su un problema serve a imparare a risolverlo e prendere un giudizio di impreparato da parte dell’insegnante insegna a stare attenti in classe e a segnare i compiti sul diario. E, nel lungo periodo, l’effetto sarà un adulto maturo che non fugge di fronte alle responsabilità. Ma ancora più sconcertanti sono le comparazioni dei voti dei figli tramite il gruppo whatsapp dei genitori. Mio figlio ha preso 5, il tuo 7, un altro 8….ma come, il compito era uguale. Ha sbagliato la maestra o il professore, sicuramente. Senza tener conto che il voto dato ad ognuno è frutto della valutazione di quel bambino, che è unico e sopratutto è un soggetto in crescita evolutiva, e non va mai, e sottolineo mai, ridotto ad un semplice voto numerico. E ancora più pesanti sono poi i coinvolgimenti dei gruppi whatsapp sulle possibili iniziative disciplinari degli insegnanti, con interventi che rimbalzano da un cellulare all’altro in un crescendo quasi sempre di negatività e di contestazione unilaterale”.
Così prosegue la circolare del professor Panti, che sottolinea la degenerazione del modo di dibattere attraverso messaggi (e questo non vale solo nel mondo della scuola, per l’uso dei social in genere): “Concludo sottolineando i danni che i gruppi whatsapp dei genitori possono creare quando si apre una discussione su un argomento serio. In un dialogo vero ognuno dice la propria, ci si guarda in faccia, ci si dice anche il non detto con lo sguardo. In un dialogo mediato dalla comunicazione whatsapp su telefono cellulare le frasi sono slegate, ognuno scrive una cosa seguendo il filo del proprio pensiero, ci si unisce a una conversazione iniziata, si leggono soprattutto, o solamente, le ultime frasi e si interviene su quelle senza sapere il discorso pregresso. E così, facilmente, se all’inizio si parlava di fischi, alla fine si parlerà di fiaschi, alzando di passaggio in passaggio il tono della discussione, e nessuno andrà mai a ritroso per ricostruire qual era l’oggetto iniziale del confronto”.
La circolare si chiude con un invito “a considerare il gruppo whatsapp semplicemente per quello che è, ovvero un facile mezzo di diffusione di informazioni veloci e sintetiche mediante cellulare (consiglio di classe alle 5, domani portare il denaro per la gita, ecc.) e non il surrogato del sano, approfondito e insostituibile contatto relazionale umano, sempre necessario nel confronto sugli argomenti complessi e delicati della scuola”.