Colpo di pistola, si parte… Ma in realtà, qua, in fondo al gruppo, all’ombra del Battistero, ci si muove appena. Ecco l’arco pneumatico della partenza, le gambe iniziano a mulinare, con moderazione. La strettoia di via Calimala costringe il gruppone a compattarsi. Sui lungarni il sole di maggio bacia i podisti. In via della Vigna arranca Eugenio Giani, incoraggiato da alcuni passanti: “Forza presidente”.
“Ciao Eugenio, come va? (ci conosciamo da quarant’anni). Eh, insomma – sbuffa senza perdere la concentrazione. La fai tutta? Sì, magari di passo, ma arrivo in fondo”. Riprendo il mio ritmo, appena un zinzino superiore al suo. Mi risuona nelle orecchie il consiglio sentito undici anni fa, in occasione della Firenze Marathon: “Il segreto per arrivare in fondo? Partire piano e poi… rallentare”. L’ironia che spazza via la fatica.
Ora la piena di magliette multicolori circonda il Duomo. Si staccano verso l’arrivo quelli della Family run: siamo già al terzo chilometro. In via del Proconsolo il “corteo” è ormai sgranato. Piazza San Firenze mi appare come una prateria da conquistare. Passare davanti a Palazzo Vecchio, dove negli anni da giovane cronista ho raccolto quotidianamente notizie, è un po’ come tornare sul luogo del delitto.
Siamo in via de’ Neri e – miracolo – non c’è la coda davanti all’Antico Vinaio. Quasi, quasi ne approfitto, fermo le gambe e do il via alle mascelle. Non scherziamo… oggi si corre a perdifiato. Ponte San Niccolò come il Tourmalet, poi inizia l’ascesa verso Cima Coppi, pardon… Piazzale Michelangelo. La circumnavigazione della “penisola degli Assi” non finisce mai… Pensare che in auto è un fiat.
Inizia la fase dei sorpassi. Quelli inferti e quelli (ahimè) subiti. Ognuno ha il suo passo, qualcuno già strascicato. Finalmente la vista del David annuncia la discesa ardita delle Rampe. Cento metri e c’è il punto di ristoro. Tempi duri anche per le gare podistiche. Si può scegliere solo tra bicchieri d’acqua: “Anche due se volete”, dice, generoso, uno degli addetti. Il sogno di un teino al limone infranto senza pietà.
Lungarni, ponte alle Grazie, e ancora lungarni, scansando le mandrie di visitatori assai più numerosi e invadenti dei podisti. Rush finale su via Calzaiuoli, con gli steward che fanno largo ai corridori tra curiosità, occhiate di commiserazione e qualche protesta dei turisti che passeggiano come se avessero preso in affitto tutto il selciato.
Qualcuno mi taglia la strada… oppure sono io ad aver smarrito la dritta via, per dirla con Dante (visto il luogo, la citazione ci sta, dai). Dietro l’angolo ci attende l’arrivo. C’è appostato un fotografo, come un cacciatore che attende il passo dei migratori. Però, se si è (ancora) reattivi, c’è il tempo di trasformare l’andatura gobba in impettita, stile Usain Bolt, e sfoderare un sorriso… o forse una smorfia.
Guarda Firenze (ma quando fatichi guardi parecchio anche dentro te stesso) 49esima edizione: corsa con mia figlia Giulia e Michele, il suo fidanzato. E perciò da incastonare fra i (miei) ricordi preziosi.
Caro Francesco, bella cronaca anche se c’è una stonatura…Quell’ “Andatura gobba” …mi lascia perplesso e mi rattrista =))