Seconda stella a destra, questo è il cammino
E poi dritto fino al mattino
Poi la strada la trovi da te
Porta all’isola che non c’è (Edoardo Bennato)
Gorgona, la più piccola fra le sette isole dell’Arcipelago toscano, appena un centesimo della superficie dell’Elba. La più a nord. La meno conosciuta per due motivi legati fra loro: è un’isola – carcere ancora funzionante e, proprio per questo, chi la visita è soggetto ad alcune restrizioni, la prima è il divieto di scattare foto.
Così Gorgona è l’isola che non c’è perché non può apparire nelle innumerevoli gallery degli smartphone e, di solito, chi vi approda può immagazzinare ciò che vede solo nella propria mente, nel proprio cuore, non in una memoria digitale.
Un gruppo di visitatori ripolesi, organizzati dall’agenzia Ghan Travel di Antella, ha avuto l’opportunità di sbarcare su Gorgona domenica scorsa (22 settembre).
Grazie ad un permesso speciale concesso dal direttore del carcere di Livorno (da cui dipende Gorgona), dottor Renna e dalla sua collaboratrice dottoressa Macelloni, come giornalista ho avuto la deroga al divieto di fotografare. QuiAntella può, quindi, presentare un reportage di immagini esclusive dell’isola, che vale la pena visitare non solo per le bellezze del paesaggio.
Gorgona è un carcere dove il recupero e il reinserimento nella società del condannato viene prima dell’espiazione, pur dovuta. Un passo dell’articolo 27 della Costituzione italiana è stampato a caratteri cubitali sul lungo muro colorato di celeste, che è la prima cosa sulla quale cade l’occhio dei visitatori appena arrivano nel piccolo porto dell’isola: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Qui tutti i detenuti lavorano. C’è chi è impiegato nella manutenzione delle strutture, chi si occupa del bestiame (ci sono mucche, pecore, capre, cavalli, maiali, asini). Da alcuni anni è stata abolita la macellazione: un atto di violenza considerato poco educativo per coloro che sono finiti dentro per averla esercitata. Alcuni curano i vigneti impiantati dall’azienda Frescobaldi. Gorgona produce un vino di altissima qualità nell’ambito di un progetto sociale di altrettanto valore che prevede, per chi ha scontato la pena, l’assunzione sul continente da parte dell’azienda vinicola.
La Gorgona-inferno (come può esserlo la privazione della libertà) convive con la Gorgona-paradiso. Un mare inaccessibile a turisti e natanti, nel quale si tuffano i raggi del sole creando scorci di baluginante turchese. Boschi di pini, querce e lecci di un verde intenso che dialoga a distanza con l’azzurro del mare. Coste scoscese, coperte di rigogliosa vegetazione, che precipitano verso l’acqua, trasformandosi in scogli.
Valter, la nostra guida, ci porta al faro che domina Cala Maestra. Invita ad un minuto di silenzio per connettersi con la natura. Siamo ad oltre duecento metri d’altezza, il mare è tranquillo, eppure arriva distinto il suo ritmico mormorio. Non si odono altri rumori. Ognuno può ascoltare il battito del proprio cuore. Un insetto impertinente rompe, solo per qualche secondo, la magia del momento. Neanche il vento, che pettina l’isola e la sua vegetazione, fa sentire la sua voce. I minuti diventano due, tre, quattro: nessuno si muove o parla. E’ “il naufragar m’è dolce in questo mare” di Leopardi, le “Emozioni” di Battisti, “L’isola che non c’è di Bennato”. Questa è Gorgona.