Che fine hanno fatto le firme raccolte fra i cittadini di Bagno a Ripoli per una legge di iniziativa popolare che istituisca lo ius culturae? Dei moduli con oltre un centinaio di sottoscrizioni, compilati con dati anagrafici e firme, si sono perse le tracce. Un giallo che coinvolge il comune come luogo fisico dove la sparizione è avvenuta.
E’ la sera del 30 settembre scorso. Nella sala consiliare è appena terminata la seduta del Consiglio comunale. Alcuni consiglieri, prevedendo un prolungamento dei lavori, hanno ordinato delle pizze. Si mangia direttamente nei cartoni appoggiati sui banchi del consiglio. Il vicesindaco Paolo Frezzi, che si è impegnato nella raccolta firme a fianco dei comitati locali, si è portato dietro la cartellina di plastica con i moduli della raccolta firme per farli sottoscrivere ad alcuni consiglieri. Appoggia la cartellina non sulla sua abituale postazione, ma su uno dei banchi dei consiglieri per mangiare la pizza in compagnia. Poi si alza esce per qualche minuto dalla sala. Quando rientra, della cartellina non c’è più traccia.
Chiede in giro se qualcuno, inavvertitamente, l’ha presa mescolandola con i propri documenti (c’erano a giro vari fascicoli con i testi delle delibere approvate), ma i controlli dei consiglieri presenti non danno alcun esito. E anche nei giorni successivi nessuno si presenta per riportare la cartellina, magari portata a casa per sbaglio.
I responsabili locali dei comitati per lo ius culture vanno in fibrillazione. Frezzi decide di scrivere una lettera di scuse e spiegazione dell’accadato ad Ettore Rosato, vicepresidente della Camera, ex esponente del Pd ora passato a Italia Viva, referente dei comitati civici “Ritorno al futuro” lanciati da Renzi. Rosato risponde accettando le scuse e apprezzando la sincerità di Frezzi e la sua assunzione di responsabilità.
Ma il giallo su dove siano finite le firme, resta. Possibile che la cartellina sia rimasta fra i cartoni delle pizze destinati al cestino della carta? Oppure c’è un’altra spiegazione?