Sorpreso, spiazzato, basito, incredulo. Nella mia candida ingenuità, quando ho letto il testo della mozione che proponeva l’uso di fototrappole per contrastare il fenomeno dell’abbandono di rifiuti, ho ipotizzato un’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio comunale.
Mai previsione fu più errata. In realtà, a parte la proponete, la consigliera Sonia Redini, tutti gli altri si sono detti contrari in modo così deciso che la mozione è stata addirittura ritirata, senza neanche essere messa ai voti.
Il dibattito nella seduta del conisiglio di ieri, giovedì 25 febbraio, è è stato acceso e si è prolungato per oltre un’ora. Proverò a sintetizzare le obiezioni alla proposta, alcune davvero risibili.
Nella prospettiva di combatttere il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti in boschi, campi e strade di campagna del nostro comune, la mozione chiedeva l’istituzione di un numero whatsapp, al quale i cittadini avrebbero potuto inviare segnalazioni con foto, e l’uso di fototrappole per smascherare gli incivili che insozzano il territorio.
L’obiezione sul primo punto è stata che Alia avrebbe grossi problemi a gestire una massa di segnalazioni whatsapp e il relativo costo del servizio. Ma le segnalazioni oggi si possono fare per telefono (quando qualcuno risponde) e non si capisce perché la gestione telefonica sarebbe meno impegnativa di quella per messaggio.
Non solo. Descrivere il luogo di una discarica abusiva in un bosco, senza riferimenti di strade e numeri civici, non è semplice. Via whatsapp, invece, corredando la descrizione con una foto e, magari, con le coordinate gps, l’individuazione del luogo sarebbe assai più semplice. Ma tant’è, nessuno ha fatto questa riflessione.
Davvero degni del manzoniano azzeccagarbugli i motivi di contrarietà alle fototrappole sostenuti dall’assessore all’ambiente Enrico Minelli e dai consiglieri Bencini, (Pd), Nocentini (Pd), Forconi (Cittadini di Bagno a Ripoli), Frosali (Lega), Acanfora (Lega), Martinelli (Gruppo misto).
Le obiezioni in sintesi:
- problemi con la legge sulla privacy secondo la Polizia municipale (ma decine di Comuni in Italia le stanno usando);
- spostamento del problema da una zona all’altra perché non si può mettere telecamere ovunque (ma le fototrappole vanno usate “a girare” in modo che gli zozzoni sappiano che possono essere beccati anche in mezzo al bosco);
- colpa del porta a porta che non funziona al meglio (come no! chi scarica una lavatrice in un prato lo fa perché non gli è entrata nel sacchetto del sudicio);
- è un controllo subdolo dei cittadini (non sto a commentare);
- è un problema culturale, bisogna fare educazione.
Quest’ultimo argomento merita qualche considerazione. Davvero chi lo sostiene pensa che chi scarica un divano in mezzo agli olivi o i calcinacci di una demolizione non abbia contezza di violare la legge? Probabilmente si tratta di scarichi da lavoro a nero (quindi non trasportabili in regolare discarica) o di evasori della Tari (che quindi non possono rivolgersi al servizio gratuito di ritiro ingombranti).
In questi casi, per rispetto nei confronti di chi segue le regole, che altrimenti si sente un coglione, occorrono sanzioni severe, altro che educare!
Per chi vuole sentire con le proprie orecchie il dibattito, ecco il link della seduta del consiglio comunale, il punto in questione è dal minuto 2.28.20. Buon divertimento.
Brava Sonia , sul resto no comment. Diritto alla privacy per questa gente ? Ma scherziamo ?