Una lettrice di QuiAntella, che vive a Ponte a Ema, ci ha inviato una lettera aperta per denunciare come la gestione del Covid sotto l’aspetto burocratico può creare, per l’utente che vuole rispettare le regole, più problemi della malattia stessa.
Vorrei evidenziare come talvolta la burocrazia può fare danni. Non sempre il fast fast si integra con il ben fatto.
Passo ai fatti. Il 30 dicembre scorso in seguito a sindrome febbrile, il mio medico mi consiglia tampone, che eseguo in una struttura privata alla modica cifra di 80 euro. Ottengo il risultato il 2 gennaio, consulto il sito della Regione: positiva a bassa carica. Cerco di contattare telefonicamente il mio medico, invio messaggi per sapere cosa fare, risulta sempre occupato o irraggiungibile (sono i giorni in cui l’infezione da Covid è in espansione, di file enormi per fare un tampone).
Finalmente il modico mi ricontatta e mi dice che devo fare 10 giorni di quarantena e ripetere tampone. Ligia alle regole, doppiamente vaccinata e con la terza dose prenotata per il 22 gennaio, mi attengo alle sue raccomandazioni. Il 9 gennaio (al decimo giorno esatto) eseguo tampone rapido. Riuscita a prenotarlo dopo notti e giornate intere sul sito della Regione in attesa di un posto libero.
L’esito risulta negativo (sospiro di sollievo). Ricontatto il mio medico per sapere come procedere. Mi dice che è tutto automatico e che entro 48 ore avrei ricevuto comunicazione di fine isolamento e nuovo Green pass da guarigione. Attendo 72 ore, ben consapevole che le Asl sono congestionate. Ma non ricevo nulla. Mi ricollego al sito della Regione referti Covid e scopro (nota bene: scopro) che devo compilare un questionario di autovalutazione.
Ok procedo e concedo altre 48 ore di tempo. Niente, inizio a preoccuparmi, ricontatto il medico, mi dice di non poter fare nulla. Gli chiedo se non sia il caso di procedere con il booster e chiudere la faccenda che mi ha già stancata e mi sento dire che, avendo contratto il covid, prima di tre/quattro mesi è meglio non farlo. Disdico l’appuntamento fissato per il 22 gennaio e resto in attesa di un contatto Asl.
Invio altre mail, tutte senza risposta. Chiamo il famigerato 1500: tutti cortesi ma non possono fare nulla. Chiamo lo 055545454, anche loro gentili ma niente aiuto concreto. Rientro a lavoro grazie al medico aziendale a cui ho inoltrato gli esiti dei due tamponi (fiuuuu, respiro di sollievo). Il sollievo dura poco, mi arriva mail del Ministero della Salute che mi informa che il mio Green pass scade il primo febbraio, panico e rabbia a questo punto. Segui le regole per stare in comunità, e il risultato è questo.
Decido per conto mio, di rifissare la vaccinazione booster, trovo posto per il 27 gennaio, dovrei farcela ad avere il Green pass, non per andare al cinema, al bar o a divertirmi, ma per andare a lavorare. Decido di scrivere anche al presidente Giani. Mi risponde nonostante fosse a Montecitorio come grande elettore, mi chiede alcuni dati ma poi non seguono comunicazioni (grazie, almeno mi ha risposto). Dalla Asl Centro a cui appartengo nessuna nuova se non una comunicazione informale di una conoscente che, in privato, mi scrive che per la Asl non sono mai stata positiva, perché avrei dovuto fare entro 48 ore il tampone di verifica in seguito al molecolare bassa carica.
Non esplodo perché sono educata. Procederò alla terza dose, nonostante il Covid avuto di recente e incrocio le dita. La presente non è uno sfogo, ma una lettera aperta di denuncia, di come talvolta di troppa burocrazia e senza pensiero aperto si possano fare danni proprio a quei cittadini, che ligi e rispettosi delle regole della comunità a cui vogliono appartenere, si sentono invece presi per i fondelli e io personalmente anche nauseata. C.N.