Cento anni fa la scomparsa di Odoardo Beccari grande naturalista, botanico, antropologo, zoologo, esploratore. La morte avvenne il 25 ottobre 1920, nel suo Castello del Bisarno, ma la ricorrenza è passata inosservata sia a Firenze che a Bagno a Ripoli di cui Beccari fu consigliere comunale dal 1879 al 1893.
La sua figura è stata, invece, ricordata ieri sera all’Accademia Italiana Artstur di Londra dall’associazione “I Fiorentini nel Mondo”. Sono intervenuti il console generale d’Italia a Londra, Massimiliano Mazzanti, John Dransfield, dei Royal Botanic Garden Kew, e William Baker che ha ricordato Beccari come esploratore delle biodiversità. Erano presenti anche Margherita Calderoni, proconsole de I Fiorentini nel Mondo nel Regno Unito, e la pronipote Orsola Beccari.
Così lo storico antellese Massimo Casprini, tratteggiava, in un suo scritto di qualche anno fa, la figura di Odoardo Beccari.
Alcune snelle e alte palme svettano ancora oggi intorno al castello merlato del Bisarno in Pian di Ripoli, poco distante da Villa Olmi. Le aveva piantate Odoardo Beccari, «scienziato dottissimo e viaggiatore ardito che nelle regioni africane raccolse preziosi elementi di studio» (Carocci 1906, 11).
Odoardo era nato il 16 novembre 1843 nel palazzo Peruzzi in borgo dei Greci a Firenze. Appena laureatosi in botanica all’Università di Pisa trascorse alcuni mesi ai Kew Gardens di Londra dove conobbe Charles Darwin e altri scienziati, ma soprattutto James Brooke, soprannominato il Raja di Sarawak, con il quale allacciò un’amicizia che lo portò, appena ventiduenne, a seguirlo in Borneo. Qui, Odoardo organizzò una spedizione naturalistica insieme all’amico marchese Giacomo Doria il quale, per motivi di salute, fu costretto ad abbandonarlo molto presto. Beccari rimase per tre anni da solo nella foresta compiendo numerose ricerche e raccogliendo innumerevoli campioni di piante, conchiglie e insetti, ma il suo interesse principale furono le palme delle quali ne descrisse centotrenta specie.
Si costruì una capanna a palafitta nel cuore della foresta di Sarawak e la battezzò col nostalgico nome di Vallombrosa e questa divenne la sua base operativa, dove passò lunghi mesi in completa solitudine con grandi disagi e molti pericoli: dalle sanguisughe ai Daiacchi tagliatori di teste, dalle torrenziali piogge alle formiche rosse, dagli insetti e i serpenti velenosi alle inospitali e selvagge popolazioni indigene.
A causa di un violento attacco di malaria fu costretto a rientrare a Firenze dove fondò il Nuovo Giornale Botanico Italiano. Riprese ben presto le sue esplorazioni prima in Etiopia, in Eritrea e nello Yemen e quindi, nel 1872, in Nuova Guinea e Indonesia dove trascorse, quasi sempre da solo, altri quattro anni avventurandosi in zone inesplorate raccogliendo una gran massa di reperti naturalistici, botanici, zoologici, ittici ed etnografici conservati oggi nel Museo di Storia Naturale di Firenze.
Nonostante i numerosi riconoscimenti e onori ricevuti da istituzioni e società scientifiche italiane e straniere e proposte per dirigere giardini botanici e di ricerca – a causa del carattere impulsivo, indomito, infaticabile e indipendente – il Beccari non riusciva a trattenersi più di tanto in patria, per cui affrontò il suo terzo importante viaggio. Visitò l’India, la Malesia, l’Australia, la Tasmania e la Nuova Zelanda prima di fermarsi per cinque mesi a Giava e a Sumatra dove, come di consueto, visse da solo in una capanna che questa volta chiamò Bellavista.
Durante una delle spedizioni più faticose che lo impegnò per diversi giorni di cammino nella foresta scoprì una delle specie botaniche più stupefacenti e straordinarie: l’Amorphophallus titanum, la più grande infiorescenza del mondo che raggiunge i due metri d’altezza e tre di circonferenza, accompagnata da un’unica foglia alta sei metri, dal terribile odore di carne putrescente. Beccari spedì i semi a diversi orti botanici europei fra i quali quello di Firenze dove furono coltivati e dove ancora oggi, ogni due o tre anni, la pianta fiorisce ammirata da migliaia di visitatori.
Rientrato definitivamente in Italia, dopo aver assunto importanti cariche nel mondo scientifico – fra le quali la direzione del Giardino dei Semplici a Firenze – s’isolò nella sua villa del Bisarno dove si mise a studiare i materiali delle sue collezioni botaniche. Non seppe tuttavia rinunciare ad assumere la carica di consigliere comunale a Bagno a Ripoli che ricoprì dal 1879 al 1893.
Interrotti per qualche anno gli studi e le pubblicazioni sulle sue scoperte a causa dei difficili rapporti, talvolta burrascosi, con il mondo accademico, si dedicò alla stesura delle sue memorie di esploratore naturalistico pubblicando nel 1902 “Nelle foreste del Borneo”. Viaggi e ricerche di un naturalista, un libro scientifico che divenne famoso in tutto il mondo, tradotto in più lingue e oggi introvabile, se non a prezzi da capogiro.
La felice combinazione della rigida osservazione scientifica e la passione del viaggiatore lo aveva portato a scrivere anche due splendidi volumi: Malesia e Nova Guinea, Selebes e Molucche. Diari di viaggio.
Continuò la sua solitaria attività dedicandosi alla coltivazione dei vigneti nella tenuta di Vignavecchia a Radda in Chianti, ma soprattutto s’impegnò nello studio di ciò che aveva amato di più: le palme, delle quali ne battezzò diverse, mentre vari generi di piante furono intitolati a lui. Ricordiamo la Beccariophoenix, la Beccarinda e le palme Hydriastele beccariana, Licuala beccariana e la Pritchardia beccariana. Il suo nome appare anche in zoologia in varie specie di pesci e di lucertole e nel Varanus beccarii, un varano originario dell’Indonesia, una terra perlustrata in lungo e in largo per anni dall’indomito esploratore.
Morì all’improvviso la sera del 25 ottobre 1920 nel suo castello del Bisarno con intorno un trionfo di palme da lui stesso piantate, presenze evocative di luoghi mitici ed esotici ai quali aveva dedicato tutta la sua vita. Un suo intimo amico scrisse che «Beccari è stato un esploratore scientifico, perfetto, o meglio insuperabile». Le sue gesta di viaggiatore in terre lontane e di esploratore di luoghi ignoti affascinarono e ispirarono uno sconosciuto scrittore che cominciò a raccontare avventure di terra e di mare, mutuando nomi di luoghi e di personaggi ricordati da Odoardo Beccari come Labuan, Sandokan, Mompracem, Sorok, Rajà Bianco, Sarawak. Questo scrittore fu Emilio Salgari.
Il Sistema Museale dell’Ateneo Fiorentino, che ne conserva i maggiori lasciti di Odoardo Beccari alla Scienza, si è fatto promotore la scorsa primavera di una nuova pubblicazione del suo celebre libro di viaggio “Nelle Foreste di Borneo” (https://edizioniclichy.it/autore/odoardo-beccari/ – https://www.pressreader.com/italy/corriere-fiorentino/20201120/281831466277415) e ha organizzato una mostra in onore del celebre esploratore che si sarebbe dovuta inaugurare proprio in occasione del centenario dalla morte. Purtroppo, è saltata per i ben noti problemi legati alla pandemia da COVID-19 e stiamo lavorando per riproporla nella primavera del 2022.