Se davvero ne uccide più la penna che la spada, almeno in politica, allora Sergio Staino meriterebbe l’ergastolo. Le sue vignette sono un’arma letale. Il bonario faccione di Bobo, personaggio che dà voce alla sua coscienza critica, nasconde in realtà un cattivissimo senza pietà per i praticanti del potere. Ieri questo straordinario vignettista è stato ospite del Crc Antella, per il primo appuntamento del ciclo “Parliamone con gli autori”. L’occasione è stata la presentazione della sua autobiografica “Io sono Bobo” (edizioni Dellaporta), scritta in collaborazione con due giornalisti di Repubblica: i colleghi Laura Montanari, anche lei presente alla serata, e Fabio Galati.
Sollecitato dalle domande di Laura e dalle mie, chiamato a introdurre la presentazione, Staino ha offerto ad una sala gremita aneddoti, ricordi, e riflessioni senza peli sulla lingua. Così come non li ha sulla penna. Ha tranciato giudizi sui molti direttori dell’Unità con cui ha avuto rapporti: “Il peggiore? D’Alema; come il peggior sindaco di Firenze è stato Domenici. Entrambi sono stati costretti a ricoprire quel ruolo: il primo da Occhetto, il secondo proprio da D’Alema”. Ha confessato di aver tenuto nel mirino della sua satira soprattutto tre personaggi politici: D’Alema, Craxi e Andreotti. “Ma mentre i primi due se la prendevano moltissimo per le mie vignette – ha ricordato Staino – Andreotti non ha mai detto niente, mai dato soddisfazione”.
E i rapporti con gli altri vignettisti? Formali con Forattini (“Si credeva il più bravo di tutti”), poco amichevoli con Vauro (“E’ un pistoiese di m… Lui non fa satira è troppo talebano”). Infine i ricordi della sua infanzia “sfigata” che si è trasformata in un’opportunità: le lunghe ore passate con la mamma nel paesino di Piancastagnaio, dove era stato trasferito il babbo carabiniere prima di essere mandato in guerra, senza conoscere nessuno; i tanti disegni ricopiati da un libro di fiabe per passare il tempo. Così è diventato un bravo disegnatore. Poi ha “partorito” Bobo e le sue vignette hanno preso vita.
Alla fine grandi applausi e il rito della firma delle copie del libro che Staino, da disegnatore non stop, non poteva limitare a nome e data.