E’ battaglia verbale sulla drastica potatura dei tigli della Chiantigiana all’ingresso di Grassina. Ieri La Nazione ha riportato le parole del preside della facoltà di Agriaria, il professor Francesco Ferrini, che bocciava in modo inequivocabile la capitozzatura effettuata dai tecnici della Città Metropolitana: “Quell’intervento sulla Chiantigiana non è giustificabile né dal punto di vista tecnico, né ambientale, né tantomeno economico”. Una sentenza senza attenuanti da parte della massima autorità in materia (il rpofessor Ferrini è anche nel consiglio dell’Accademia dei Georgofili).
Oggi replica la Città Metropolitana con un lunghissimo comunicato, anche un po’ prolisso, nel quale in sostanza si sostengono tre tesi:
1) L’intervento era necessario per garantire la sicurezza del traffico: “Altre tecniche configuravano il mantenimento di situazioni di pericolo caduta rami non accettabili in termini di esposizione al rischio di utenza stradale e pedonale”;
2) La debolezza di rami e piante è dovuta a precedenti interventi: “Alcune piante – scrive la Città Metropolitana – già da un esame visivo fatto da terra, presentavano e presentano lesioni sul tronco, come carie innescate da precedenti potature dei rami bassi lato strada o lesioni legate ad impatti con il traffico veicolare. Le chiome erano in gran parte frutto dello sviluppo di rami epicormici (nati da gemme sul tronco ndr), connessi alle richiamate precedenti potature, con evidenti deficienze in termini morfologici e strutturali, che ne minavano la resistenza meccanica alle sollecitazioni imposte principalmente dal vento. In corso di intervento, l’esame di queste situazioni effettuato dalla piattaforma aerea ha fornito indicazioni ancora peggiorative dello stato conservativo delle piante, con presenza di rami pericolanti spezzatisi in conseguenza della semplice pressione manuale. Si tratta complessivamente di un patrimonio arboreo pertanto già interferito e ‘artificializzato’ da precedenti interventi”. Colpa di altri, insomma. Scaricabarile classico. In questo caso favorito dalla scomparsa della controparte, la Provincia, che aveva giurisdizione sulla strada.
3) Un’affermazione perentoria che vorrebbe sparigliare le carte in tavola: “Qui non è stata adottata la capitozzatura”. Eppure il professor Ferrini definisce capitozzatura “il drastico raccorciamento del tronco o delle branche primarie”, che è ciò che è avvenuto, basta andare sul posto per rendersene conto. Ritenendo questa pratica “una delle principali cause delle cattive condizioni in cui versano molti alberi ornamentali. Il tronco resta senza difese e i tessuti iniziano a morire dalla superficie verso l’interno. Tagliare così gli alberi non fa che provocare la crescita di una grande area fogliare, una massa suscettibile a vari tipi di stress ambientali. In un certo senso la potatura fa regredire il ramo con un’alta frequenza di disseccamenti”.
Forse, invece di dialogare a colpi di comunicati, sarebbe opportuna una consultazione degli esperti, magari con sopralluogo. Prima, però, non dopo l’intervento.
Chi ha deciso questo sciagurato intervento???? Sia mandato a casa!!!!! E’ l’ora che chi commette gravi errori facilmente evitabili ne paghi le conseguenze.