Pubblichiamo volentieri la lettera di una lettrice di QuiAntella, Emanuela Gavilli, che prende spunto dall’articolo sugli atti di vandalismo alla scuola media Granacci (leggi qui), per lanciare un tema di riflessione e, magari, aprire un dibattito.
Questo non é un paese per giovani. Bagno a Ripoli é diventato un paese per persone pensionate, meglio se benestanti e benpensanti.
Di recente ho letto su QuiAntella l’articolo riguardante i danni contro la scuola Granacci di Bagno a Ripoli. Senza nessuna intenzione di giustificare in alcun modo il gesto, mi domando: chi sono i piccoli vandali? Ragazzini adolescenti a cui Bagno a Ripoli cosa offre? Poco e niente. Piccoli gruppi sparuti di adolescenti, ancora implumi, troppo giovani per andare in centro da soli, non ancora in età da patente, si aggirano spesso di pomeriggio per le strade del paese senza una vera meta.
Passano un po’ di tempo giocando a pallone qua e là fra le lamentele del vicinato, migrando di strada in strada cercano un posto in cui incontrarsi e fare le cose cose che si fanno a quell’età, ascoltare musica, correre, giocare, scherzare, fare un po’ di rumore.
Sono nata e cresciuta a Bagno a Ripoli negli anni ’70 e mi ricordo che in ogni piazza c’ era una ‘compagnia’ di ragazzi, formata da decine e decine di adolescenti e giovani da 14 a 25 anni, a Osteria, alla Fonte, alla Croce, a Paterno, in via delle Arti, per limitarmi solo al capoluogo, ma era lo stesso in ogni piazza di Antella e Grassina, poi cambiando comune Sorgane, Badia etc…
Eravamo giovani sempre silenziosi? Non proprio. Eravamo giovani sempre rispettosi? Non proprio. Eravamo giovani che non infrangevano mai le regole? Non proprio. Siamo diventati tutti teppisti? Non proprio. Ricordo: musica, gavettoni, birra, sigarette, pallonate, cori, solidarietà, risa, pianti, motorini, amicizia, aiuto, delusioni, rabbia, vittorie, sconfitte, crescita. Tutto vissuto in piazza.
E i vicini? Qualche volta si arrabbiavano se esageravamo aprivano la finestra e ce ne dicevano quattro, oppure il giorno dopo una nottata ‘calda’ c’era il reportage dal fornaio, o dal macellaio, con dettagliati resoconti dei più attenti su fatti e misfatti, con esagerazioni e ‘camiciole’ di rito. Ma per lo più capivano che eravamo ragazzi e qualcosa dovevano pur fare nell’attesa di diventare grandi.
Mio figlio tredicenne, con i suoi amici, é stato di recente cacciato via dai vuotissimi pilotis (e qui Le Courbusier si rigirerà nella tomba) dei palazzi di fronte alla Coop di Bagno a Ripoli mentre pioveva, da una signora anziana che ha detto di aver fatto pulire il pavimento, perciò fuori! Cosa peraltro non vera, verificata immediatamente da loro stessi. Neppure un po’ di umana pietà.
Così ho capito il paese si é pian piano assuefatto all’assenza di giovani in giro, nel frattempo é invecchiato, se noi figli del baby boom eravamo tanti ovunque, i nostri rampolli sono pochi e ora nessuno vuole ragazzini rumorosi sotto casa, non si accetta la gioventù, non ci si ricorda, anzi meglio non farlo.
Da un lato si criticano i comportamenti asociali dei ragazzi chiusi in casa a giocare davanti ad uno schermo, dall’altro offrire loro qualcosa é impegnativo. Vorrei però dire a tutti gli ‘anziani’, non solo anagrafici, che vedono la gioventù come un problema, l’alternativa é non avere più nessuno in giro, silenzio tombale garantito, pagamento delle future pensioni e prestazioni sanitarie no.
Emanuela Gavilli
Tutto dannatamente vero,io vengo da rifredi ma l’analisi è la stessa. Quali risposte dare? Sicuramente più posti e locali aggreganti ,per la tolleranza è questione difficile che entra nella storia di ognuno. Importante e ricordare che siamo noi “vecchi ” che dobbiamo creare le condizioni per un futuro per i giovani e non lamentarci e basta come struzzi con la testa nella sabbia.