Articolo di MASSIMO CASPRINI
Stanno per concludersi i saggi e gli scavi archeologici in piazza dell’Antella sotto la supervisione del responsabile archeologico della Soprintendenza Pierluigi Giroldini il quale, ha supposto possa trattarsi di una porzione di strada di età tardo medievale-rinascimentale, risalente al XV-XVI secolo, pesantemente intaccata dalle risistemazioni della piazza che si sono succedute nei secoli.
Riteniamo che, in mancanza di dati certi che possano stabilire perché quell’acciottolato sia stato fatto proprio lì e per quale uso, ogni ipotesi deve essere presa in considerazione. E anche noi proponiamo la nostra.
Nella più antica cartografia che si conosca (le Piante di Popoli e Strade dei Capitani di Parte Guelfa del 1583) – e in particolare negli Schizzi che venivano elaborati direttamente sul posto dai mappatori del tempo – di fronte alla Pieve dell’Antella è disegnata una strada molto più larga delle altre vicine che partiva dal ponte sull’Isone disegnato con due arcate e a fianco una cappellina e arrivava a Nord all’incrocio con un’altra via – l’antichissima cosiddetta Via dell’Ellera che andava da Ponte a Ema a Montisoni.
Ancora più precisa è la Descrizione delle Strade attenenti alla Comunità del Bagno a Ripoli del 9 Maggio 1774 in cui è citata una «Strada, che dalla Chiesa di S. Maria all’Antella, arriva alla Croce à Balatro dove detta Strada fa tre Rami di Strade […] è larga dove Ba: 4 [metri 2,20] e dove Ba: 6 [metri 3,30], e deve mantenersi dalla comunità di Bagno a Ripoli».
Nell’allegato Atlante del Campione di Strade Comunitative del 1774, nella carta n. 50, la strada che passa di fronte alla pieve è evidenziata e tagliata in due tratti con due colori diversi, volendo così informare che la carreggiata aveva un fondo non uguale per tutto il percorso. Dalla chiesa al fiume, dove è anche un grande piazzale, il colore è rosato; invece, dalla chiesa a Nord, verso Casa Rigacci (villa Tortoli) e la detta Via dell’Ellera, il colore grigio evidenzia un fondo, probabilmente, peggiore dell’altro segmento.
A questo punto, sarebbe molto importante analizzare con attenzione anche il quadro La Madonna dona l’abito ai Sette Santi Fondatori di Lorenzo Lippi, datato 1660, che si trova nella pieve di Santa Maria prospiciente la stessa piazza. In basso a destra nella grande tela sono rappresentati in maniera molto precisa la chiesa, il campanile, la canonica e il tabernacolo; quindi, quella immagine si può considerare la prima “fotografia” del nostro paese “scattata” più di tre secoli fa, poco tempo dopo l’attribuzione storica che è stata fatta dei reperti archeologici apparsi oggi.
Va considerato che in quella che attualmente è piazza Peruzzi, a quel tempo esisteva soltanto quello che il pittore ha rappresentato: la chiesa con a fianco la cappellina del sepoltuario (poi demolita), il campanile, il grandioso palazzo della canonica necessario per ospitare i parroci delle chiese suffraganee della pieve e il tabernacolo con una spalletta verso il ponte. Le prime costruzioni private sul lato opposto della piazza risalgono all’Ottocento.
Nel quadro, lo spazio antistante la chiesa è figurato in bianco, quasi fosse un piazzale sterrato e sassoso che prosegue in basso, con un piccolo sentiero, in direzione del tabernacolo, di fronte al quale si evidenzia una platea di colore scuro di forma ellittica che potrebbe essere un prato ad un livello più basso del sagrato della pieve. Ecco che viene spontanea, anche se azzardata, la conclusione: gli spazi in bianco possono considerarsi dei camminamenti, sterrati e sassosi, per raggiungere il tabernacolo ad una quota più bassa, e non in maniera diretta in quanto sembra esserci un balzo, ma facendo un percorso più lungo e ampio ai margini dello spazio ellittico.
In effetti, potrebbero essere degli acciottolati creati appositamente per favorire un più sicuro passaggio in quella zona che, sicuramente, era acquitrinosa e melmosa creata dal fosso dell’Acquicina che scendeva dal poggio del Bambolino e attraversava la piazza per gettarsi nel torrente Isone poco sotto il ponte. Questo fatto è provato storicamente perché il fosso fu, in seguito, incanalato e interrato e ancora oggi si scarica nel borrro. Inoltre, sappiamo che fin da epoca remota tutti i nuovi insediamenti umani e le future città venivano fondati all’incrocio di due fiumi, ritenuto un luogo sacro. Ne è riprova Firenze e altre città fino al lontano Oriente.
Negli Schizzi dei Capitani di Parte del 1583 è stato rappresentato il tabernacolo (forse esagerando un po’) come una cappellina, o forse un oratorio, per sottolineare l’importanza che aveva quell’edificio religioso; sembra, inoltre, che fosse posizionato sulla sponda destra, a monte del ponte e non a valle dello stesso dove si trova oggi. Dai ricordi parrocchiali del primo Settecento reperiti nell’archivio della pieve dell’Antella, sappiamo che il calendario liturgico del tempo prevedeva frequenti uscite in processione dalla chiesa «verso il Tabernacolo del Ponte del Fiume Antella» dove ci si fermava a cantar messa.
Appare quindi una logica supposizione che i pievani di allora avessero voluto creare una massicciata più sicura al piede… e più asciutta, per raggiungere il tabernacolo di fronte al quale, possiamo immaginare, i fedeli si sarebbero fermati nel grande prato per assistere alla cerimonia religiosa e per recitare le litanie. Potrebbe confermare questa ipotesi anche il fatto che l’acciottolato scoperto oggi sembra proseguire a Sud verso il tabernacolo e il ponte (come è chiaramente illustrato in rosa nel citato Atlante del 1774), mentre a Nord, oltre un’ideale linea tracciata all’altezza dell’ingresso della pieve, dai sondaggi fatti in questi giorni, non appare nessuna traccia di massicciata o simile (corrisponde, quindi, a quanto disegnato in grigio nello stesso Atlante 1774).
Comunque, nessuna certezza assoluta può essere espressa e permangono ancora molti dubbi e molte sono le domande che, ad oggi, non hanno una risposta valida e credibile. Come, non ultimo, sarebbe interessante scoprire quale vero scopo avesse quello spazio ellittico di fronte al tabernacolo rappresentato in modo così perfetto dal Lippi, il quale appare come un pittore molto attento a riprodurre i particolari nella sua preziosa tela.
Lo spazio ellittico davanti al tabernacolo dipinto dal Lippi potrebbe essere una vasca .