Il progetto è di quelli di cui un Comune può andare orgoglioso: un appartamento destinato a giovani con disabilità mentale, ma in grado di iniziare un percorso di vita autonoma. Si chiama “Casa Mia” e l’Amministrazione comunale di Bagno a Ripoli lo presentò nel dicembre del 2016. L’appartamento è al primo piano di una palazzina in via Spinello Aretino. E’ stato ristrutturato e ammobiliato ma, ad un anno di distanza, non ha ancora gli inquilini, che pure sono già stati individuati: Luca e Fabio.
Un anno dopo siamo ancora al punto di partenza. La denuncia, nella speranza di riuscire a smuovere la burocrazia, viene da quattro mamme dell’associazione Rune che hanno i propri figli assistiti dal Centro salute mentale di Grassina: Patrizia Campani, Stefania Pressato, Susanna Cappellini e Carla Marianelli. “I nostri figli – spiegano – attualmente vivono in case famiglia, non perché non li vogliamo, ma perché in quell’ambito iniziano ad essere autonomi. Dobbiamo pensare a quando restaranno soli. Un’esperienza come quella prevista dal progetto ‘Casa Mia’ sarebbe importantissima per la loro crescita. Sarebbero supportati dai servizi sociali ma abiterebbero da soli. Da mesi ci battiamo perché questo impedimento burocratico venga risolto. Abbiamo parlato sia col dottor Tocchini, responsabile di zona della Asl, che con l’ingegner Meucci, ma ad oggi la casa è ancora vuota”.
“In effetti la Asl non ha risposto alle nostre aspettative – ammete Ilaria Belli, assessore al sociale del Comune di Bagno a Ripoli – E’ un progetto all’avanguardia in cui noi crediamo fortemente. Anche se il Comune non ha un ruolo diretto, mi sono mossa personalmente. In questi giorni ho parlato con i vertici della Asl ma non sono riuscita ad avere tempi certi per la soluzione del problema. La casa è pronta e mi auguro la si possa mettere a disposizione dei ragazzi il prima possibile. Lunedì (domani 13 novembre, ndr) tornerò alla carica”.
Un anno non è stato sufficiente alla Asl per trovare la soluzione alla mancanza di un documento: sembra una barzelletta ma è la tragica realtà.