“Alla tramvia da piazza Libertà a Bagno a Ripoli non c’è alternativa, ma il livello di progettazione deve essere molto alto. La tramvia va fatta e va fatta bene”, è il pensiero del professor Francesco Alberti, docente del dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze e presidente toscano dell’Inu (Istituto nazionale di urbanistica).
Professor Alberti, c’è chi al posto del tram suggerisce di collegare la zona sud-est di Firenze con altri sistemi.
“Non avrebbe senso. Una volta che la città ha investito su un trasporto di massa di un certo tipo, è irragionevole pensare che una parte di città sia servita con questo e l’altra parte con un altro. I sistemi di trasporto non sono caratterizzati solo dai veicoli che si usano, ma dai sistemi di gestione. Un sistema di tramvie deve avere una centrale operativa che gestisce tutto e la rende efficiente, impossibile da fare con mezzi diversi. L’idea della metropolitana è ricorrente perché non c’è la consapevolezza che ogni sistema di trasporto ha le sue prerogative. In una città al di sotto un milione di abitanti e con fermate che necessariamente devono essere ravvicinate, la metropolitana non ha ragione di essere è fuori scala.
Può essere in parte sostituita dalla ferrovia?
Sì, come servizio di tipo metropolitano per integrare la tramvia c’è la ferrovia, che deve avere treni diversi da quelli regionali. Cadenza ogni dieci minuti e molte fermate. Quella è la vera integrazione su grande scala. Le fermate ci sono già quasi tutte, manca il servizio. C’è, relativamente efficiente, sulla direttrice di Prato. Su altre direttrici lo è meno. Chi sta a Pontassieve ha buoni treni a disposizione ma non la cadenza necessaria.
E del jumbo bus cosa pensa?
E’ un’opzione che può essere valida in senso assoluto. Ma in una città già mezza collegata col trasporto tranviario l’unica cosa sensata è completarlo, in modo da non creare differenze di gestione, sistema e modalità. E anche per dare possibilità in futuro di modificare le linee in ragione della domanda. Per questo occorre una continuità del sistema.
Modificare le linee e magari prolungarle. Molte critiche alla tramvia per Bagno a Ripoli sottolineano che non arriva all’ospedale dell’Annunziata.
Lo studio del 2007, quello che prevedeva ancora il passaggio dal centro, poi rimesso in discussione diverse volte, prevedeva per Bagno a Ripoli proprio l’arrivo all’ospedale, che dovrebbe essere il vero obiettivo. Tuttavia quello studio non indicava come arrivarci, era solo un segno su una carta geografica.
La tramvia per Bagno a Ripoli pone problemi di inserimento nel tessuto urbano e anche extraurbano.
Ci sono diversi aspetti delicati che richiedono una cura progettuale superiore a quanto fatto finora per le linee esistenti. I problemi sono noti, bisogna avere sensibilità progettuale. Non esiste un progetto di infrastruttura dato, va inserito nel contesto. Questo vale sia che si parli del del bagno di casa, come di una tramvia. E’ ovvio che per un’infrastruttura che incide sul tessuto della città in maniera così importante occorre un livello di progettazione che sia il massimo possibile. Questo intervento sulla città è, probabilmente, il più importante dai viali del Poggi. Ma non abbiamo un Poggi coordinatore della progettazione di quest’opera, che si prenda onori e oneri e che si confronti con la cittadinanza facendo vedere prima il progetto. E’ mancata un’attenzione alla dimensione della qualità progettuale che un’opera simile richiede. Questo ha detrminato dei problemi e continua a proporli per ogni nuova linea. Bisognerebbe definire le modalità di un progetto che tenga conto di tutte le criticità e le problematiche evidenziate dai cittadini. Oltre all’infrastruttura e alle opere di contorno, il progetto dovrebbe tenere conto anche di interventi integrati, magari da realizzare in fasi successive. Altrimenti ci saranno sempre obiezioni, alcune strumentali ma altre comprensibili.
Si discute molto sul rischio che la tramvia e le opere collegate cancellino la discontinuità tra Firenze e Bagno a Ripoli, oggi garantita da alcunee aree verdi, magari incolte. La discontinuità è un valore?
Sicuramente è un valore che va preservato. Il progetto deve stare molto attento a questo. Tra fine Ottocento e prima metà del Novecento il sistema tramviario di Firenze era dotato di percorsi che arrivavano in zone di campagna: Fiesole, Settignano, Antella. Qualcuno obietterà: ma non c’era il traffico di oggi. Certo, ancora non c’era stata la motorizzazione individuale di massa. Una scelta industriale del nostro Paese che ha sacrificato la dotazione infrastruttrale esistente e che, se adeguata e potenziata, avrebbe ridotto l’impatto del traffico. Ora noi siamo convinti che il modo normale di muoversi sia in macchina: è sbagliato. Non lo era fino al 1960 e non lo sarà più in futuro, come già accade in città come Parigi, Barcellona, Lisbona, Copenaghen. L’auto è una cosa eccezionale, ma non il miglior mezzo per spostarsi in città. E’ bene puntare su modi alternativi, più sostenibili, più comodi e non solo per le metropoli. Penso a Strasburgo, Dublino, Graz: città paragonabili a Firenze. Non dipendere dall’auto è un grandissimo vantaggio. Dobbiamo puntare a questo tipo di qualità.
Come si può preservare la discontinuità senza rinunciare alla tramvia?
Mantenere la discontinuità non comporta la rinuncia al sistema tramviario. Obbliga ad un’attenzione maggiore a livello progettuale. Anche io resto perplesso davanti a spazi saturati da parcheggi scambiatori o altro.
Il Comune di Bagno a Ripoli ha chiesto il dimezzamento del deposito per i tram previsto accanto al cimitero del Pino.
Prima di tutto va capito se va fatto lì. Dobbiamo smettere di progettare infrastrutture separatamente dal contesto e poi cercare di mitigarne l’impatto. Dobbiamo progettarle insieme. La tramvia è un progetto urbano prima che di trasporto. Ho letto di proposte per un deposito temporaneo, ma sono cose che non funzionano. Va però fatto con cura. Il dimezzamento è un ragionamento astratto, è un modo di mercanteggiare. Siamo sicuri che ci sia solo quel posto per il deposito? Non è obbligatorio che il deposito sia proprio alla fine della linea. Non conta la vicinanza ma la continuità.
C’è chi ha indicato, per il deposito, la zona di Rovezzano dove arriverà, successivamente a quella per Bagno a Ripoli, una linea del tram.
In effetti forse andava fatto prima il tratto verso Rovezzano, facendolo arrivare fino alla zona ferroviaria dove ci sono aree dismesse che si prestano ad un uso di questo tipo senza impatti. Capisco queste problematiche. Ci vuole un cambio di passo nell’approccio al progetto, ma altra cosa è dire che la tramvia non va fatta.
C’è anche dibattito sul ruolo di attrattore di traffico del parcheggio scambiatore nella zona di via Granacci.
Attenzione, io non sono d’accordo che Bagno a Ripoli diventi il terminal del traffico in arrivo da Valdarno e Val di Sieve. Il tram deve servire la popolazione di Bagno a Ripoli. Nel Valdarno c’è la ferrovia da usare con funzione metropolitana. I parcheggi scambiatori vanno fatti vicino alla stazione di Pontassieve dove ci sono spazi idonei e il servizio ferroviario va potenziato senza aspettare di completare il sottoattraversamento di Firenze. Un modo va studiato. Sono utili i parcheggi scambiatori anche per le tramvie ma con una visione complessiva e un’integrazione fra servizio tramviario e ferroviario.
Il doppio ponte di Vallina, quando sarà costruito, favorirà il pendolarismo da Valdarno e Val di Sieve verso il capolinea del tram a Bagno a Ripoli.
E’ una delle preoccupazioni sensate. Il doppio ponte ha la funzione di riequlibrare il traffico attualmente concetrato sulla 67 con situazioni molto critiche in alcuni punti.
Insomma, lei vede una mancanza di visione complessiva.
Manca una programmazione che metta in campo tutti gli elementi di mobilità: servizio ferroviario, tramvia, autobus, parcheggi scambiatori, fasce tariffarie di parcheggi e mezzi pubblici. La politica dei trasporti si fa con le infrastrutture ma anche con la gestione. Si possono orientare le scelte degli utenti. Non si vede il disegno finale, ogni tratto di tramvia fa storia a sè, manca il senso del sistema.
Cosa la preoccupa maggiormente di questo progetto?
Il livello della progettazione e l’insufficiente attenzione e disponibilità a confrontare alternative. Per esempio, mi preoccupa molto il nuovo ponte che attraverserà l’Arno e taglierà in due il parco dell’Anconella che andrebbe invece riqualificato. Il progetto della tramvia dovrebbe essere l’occasione per riqualificare un pezo di città. Ci riempiamo la bocca con la retorica “una città come Firenze” e facciamo una tramvia peggio che a Le Mans o a Clermond Ferrand. Il livello della progettazione dovrebbe essere a livello del nome di Firenze, ma mi accontenterei anche di quello di una media città francese. Lo stimolo a far meglio ci vuole. Detto questo mi schiero per la tranvia. Non blocchiamo tutto perché torneremmo a puntare sull’automobile con danni ancora maggiori.
Ottimo. Mi convincono tantissimo le sue argomentazioni.