Una maxi azienda dei servizi pubblici (rifiuti, acqua, energia) che icorpori quelle che attualmente operano nelle province di Firenze, Prato e Pistoia. E’ il progetto battezzato Multiutility al quale il Comune di Bagno a Ripoli ha dato la propria adesione con l’approvazione, martedì scorso, in Consiglio comunale. Hanno votato a favore Pd e Cittadini di Bagno a Ripoli; astenuti i due consiglieri del Gruppo misto; contraria Sonia Redini (Cittadinanza attiva).
L’obiettivo, come si legge nella “Relazione illustrativa del consiglio di amministrazione di Alia Spa in merito alla fusione”, è “una diversa e migliore gestione delle aziende delle utilities tale da provocare un miglioramento della qualità dei servizi stessi, contestualmente ad una riduzione delle relative tariffe”.
Il progetto prevede la fusione per incorporazione in Alia delle quote detenute in Publiservizi, Consiag e Acqua Toscana dai Comuni delle province di Firenze, Prato e Pistoia. Il Comune di Bagno a Ripoli è socio delle seguenti società: Alia Servizi Ambientali Spa per lo 0,69%; Acqua Toscana Spa (che possiede circa il 53% di Publiacqua) per lo 0,02%; Toscana Energia Spa per lo 0,0652%.
Il nuovo modello coinvolge 66 comuni della Toscana nella creazione di un unico polo per la gestione dei principali servizi pubblici (acqua, rifiuti, energia). E’ stabilito il mantenimento di almeno il 51% nelle mani dei Comuni che deterranno tali partecipazioni in una holding pubblica. Prevista in futuro la quotazione in Borsa della nuova società. Per un eventuale ingresso di soci privati è fissato un tetto massimo del 5% per ogni partecipazione.
Al termine del processo aggregativo riguardante i conferimenti delle quote detenute dai Comuni nelle singole società incorporate, la fusione e l’aumento di capitale sociale di 1,2 miliardi di euro, la società Alia spa (Multiutility) si configurerà come società pluri-partecipata a partecipazione interamente pubblica e in controllo pubblico. Per effetto finale dell’operazione il Comune di Bagno a Ripoli avrà una percentuale dello 0,18% della nuova società.
Il piano è stato illustrato dal consigliere Corso Petruzzi (Cittadini di Bagno a Ripoli) che ha sottiolineato l’importanza della Multiutility per “sviluppo e riorganizzazione dei servizi pubblici” e, soprattutto, per “contenimento delle tariffe e vantaggi di redditività per i soci”.
Considerazioni che non hanno convinto Sonia Redini (Cittadinanza attiva), la quale ha mosso una serie di critiche: “Il progetto dà indicazioni generiche sui futuri investimenti e non indica quale sarà la politica industriale. La gestione del servizio idrico con il 49% in mano ai privati stravolge l’esito del referendum sull’acqua pubblica. Non abbiamo garanzie di ricadute positive per i cittadini. Il nuovo soggetto si fa attrarre dalla logica di ricavi e dividendi. In sostanza ci viene chiesto atto di fede”.
Polemica la replica dell’assessore Minelli: “Una volta si indossa la maglietta contro il termovalorizzatore, un’altra contro l’aumento tariffe, oggi contro contro il nuovo assetto societario. Facile vedere come tira il vento per fare proposte populiste. Chi deve risolvere i problemi, ne affronta le complessità. Bagno a Ripoli non ha bisogno di dividendi da partecipate: l’obiettivo è migliorare servizio e tariffe”.
“Quello di Redini è un approccio ideologico – ha aggiunto Edoardo Ciprianetti (Pd) -. Se i servizi attuali non funzionano è scontato che si debba cambiare. La proprietà rimane pubblica non è una privatizzazione”.
La validità dell’operazione è stata difesa dal sindaco Casini: “Non è più un mondo dove piccolo è bello. La nuova società è uno strumento per gestire al meglio i servizi pubblici. Multiutility deve essere in grado di competere in gare pubbliche con i colossi di altre regioni. C’è un ritardo storico da colmare, su un processo di aggregazione industriale che in altre zone d’Italia è avvenuto vent’anni fa. Se restiamo piccoli saremo preda dei colossi nazionali del settore”.
Il commento
Non entro nel giudizio sull’operazione finanziaria che presenta aspetti convincenti ed altri che dovranno passare alla prova dei fatti, in particolare l’obiettivo dichiarato di ottenere una riduzione delle tariffe.
Sorvolo anche sul recente esempio di Autolinee Toscane, che ha sostituito numerose piccole realtà con una società a carattere regionale, senza, al momento, offrire un servizio di trasporto pubblico migliore, anzi.
Però la creazione di una maxi società di servizi pubblici un dubbio me lo pone. E’ la constatazione, di fatto, che “piccolo non è bello”. Sono ormai relegati alla storia gli spazzini (non ancora “operatori ecologici”) dell’Asnu, la municipalizzata fiorentina, che svuotavano nel proprio contenitore l’unico secchio della nettezza (anche la “differenziata” era di là da venire) di ogni famiglia.
Se accorpare e creare aziende sempre più grandi, prima Quadrifoglio, poi Alia, ora questa Multiutility è la ricetta per economie di scala, maggior efficienza, minori costi per gli utenti, perché poi (come fa Alia) si ricorre a subappalti a piccole ditte private? Come mai il “piccolo”, se privato, dovrebbe riuscire, almeno in teoria, a ottenere risultati migliori del “grande”, risparmiando sui costi?
Viene il sospetto che questo tipo di aggregazioni abbiano lo scopo recondito di permettere uno scarico di responsabilità. Se qualcosa non funziona o se i costi crescono anziché diminuire, il Comune chiama in causa l’azienda che gestisce il servizio la quale, a sua volta, attribuisce le “colpe” sulle ditte in subappalto (come è accaduto recentemente proprio a Bagno a Ripoli per la raccolta rifiuti) di cui spesso l’utente ignora perfino l’esistenza.
Se si punta su una maxi azienda dei servizi, lo si faccia fino in fondo con convinzione e si vieti, per statuto, il subappalto. Efficienza del servizio, contenimento dei costi e corretto trattamento dei dipendenti devono essere garantiti direttamente da chi, attravreso i Comuni, stipula un contratto con i cittadini. Niente controfigure, niente stuntman: non siamo al cinema.
Francesco Matteini
Condivido perfettamente il commento relativo alla pratica del sub-appalto ai piccoli privati.
Da evidenziare inoltre che se lo scopo della nuova società è la quotazione in borsa, come già visto in precedenti fusioni simili, ben difficilmente ci sarà un ritorno in termini economici per il singolo cittadino, bensì lo scopo principale sarà creare valore per i singoli soci detentori di azioni sotto forma di dividendi e questo non si potrà ottenere con la diminuzione delle tariffe. Se Bagno a Ripoli non ha bisogno di dividendi perchè ambire alla quotazione in borsa? Ma il PD è ancora un partito di sinistra ?
Certo, anche quello dei subappalti è un problema.
Comunque, al di là dei commenti sprezzanti dell’assessore e del consigliere di maggioranza che troppo facilmente bollano come populista qualsiasi voce di dissenso pensando così di aver liquidato ogni questione, è innegabile che l’operazione è stata condotta senza il coinvolgimento dei cittadini, indispensabile visto che si parla di servizi pubblici primari come l’acqua e la gestione dei rifiuti.
Inoltre, la rilevante partecipazione di soggetti privati e la futura quotazione in borsa comportano il rischio concreto che il perseguimento dell’interesse pubblico, fine primario di ogni amministrazione, ceda il passo alla valorizzazione del capitale e al profitto, arrivando ad una privatizzazione di fatto di servizi che potrebbero essere sottratti al controllo degli enti pubblici.
Nel caso dell’acqua, bene pubblico primario, verrebbe ancora una volta disatteso il risultato del referendum del 2011.
Questi dubbi sono condivisi da diversi comuni che si sono opposti al progetto (Calenzano, Vaglia, Fiesole, Agliana e Cantagallo), sono tutti populisti?
Già con Alia vi sono stati disservizi e scarsa capacità delle amministrazioni di esercitare un serio controllo; stessa cosa sta avvenendo con Autolinee Toscane.
Già abbiamo visto anche cosa succede quando si lasciano beni collettivi in mano al dio profitto; si spremono gli utenti con le tariffe e si riducono gli investimenti, come nelle concessioni autostradali (il più grave scandalo della storia recente), e il risultato sono state decine di morti per un viadotto crollato (Genova) e un pullman precipitato da un viadotto per l’inadeguatezza delle barriere (Avellino).
Pensiamoci bene, finché siamo in tempo.
Sono perplesso,
se esiste l’azionista sarà preteso il dividendo determinato dagli utili societari, quindi dal prezzo di vendita o cessione del bene, ricavato dal servizio fornito, ovvero dal costo sostenuto dell’utenza.
Le economie in scala se realizzate non andranno di certo a vantaggio dell utenza illusa di sostenere per questi servizi un minor costo e oltre tutto, è nell’impossibilità di scegliere il gestore.
BRAVISSIMO!!! condivido al 100% il commento. Troppe volte gli accorpamenti sono andati a discapito dei cittadini sia per i costi che per il servizio reso; oltre ad affamare i lavoratori (cosa non marginale)
Ma per l’acqua non si era fatto un referendum per essere pubblica? E ora si vorrebbe fare, (per di più!) una maxi-azienda, dove poi appalteranno tutti i lavori? ….non ne sono convinto!
Personalmente non ho particolari preferenze sulle modalità di affidamento dei servizi ai privati.
Credo che, se fatto bene, tutto o quasi possa essere fatto.
Ma cosa significa fatto bene?
Significa che deve essere chiaro che l’ente pubblico è il cliente che detta le condizioni tecniche ed economiche e che il privato cerca di realizzarle in modo per lui conveniente.
Ma per chiudere correttamente il cerchio di queste diverse esigenze, sono necessari strumenti adeguati di controllo da parte del committente-cliente.
Nelle situazioni che oggi si osservano, accade però che le caratteristiche economiche e tecniche del servizio sono proposte dai privati, gli enti pubblici approvano con un livello di competenza molto scarso e con un potere contrattuale minimo, perché molto suddiviso fra tanti
I controlli poi non sono mai diretti,ma affidati a un macroente burocratico, mentre i vari enti non hanno le risorse, le competenze e neppure la volontà di operarli.
In questo modo i cittadini – utenti che pagano e sono oggetto dei servizi, vedono allontanarsi sempre di più i propri interlocutori e quindi la possibilità di fare sentire la propria voce.
In questo contesto i privati,anche se in teoria sono in minoranza, sono quelli che hanno i mezzi e le competenze per condurre i giochi verso il loro logico obiettivo: trarre il massimo profitto, costi quel che costi.
Se gli amministratori approvano questo tipo di situazione,confermano da una parte il loro distacco dalle vere esigenze dei cittadini e al contempo la grande “sensibilità” alle istanze delle aziende private.