Il ciclone Coronavirus sta praticamente oscurando qualsiasi altro dibattito, ma tre un mese esatto (il 29 marzo) si vota per il referendum costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari.
Il testo del quesito referendario che i cittadini si troveranno sulla scheda è il seguente:
“Approvate il testo della legge costituzionale concernente ‘Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari’, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n.240 del 12 ottobre 2019?”.
Le operazioni di voto si svolgeranno domenica 29 marzo 2020, dalle ore 07:00 alle ore 23:00. Lo scrutinio avrà inizio subito dopo la chiusura dei seggi.
Per conoscere qualcosa di più su questo referendum, QuiAntella si è rivolta al professor Carlo Fusaro, ordinario di diritto pubblico comparato a riposo; uno dei massimi esperti di riforme costituzionali ed elettorali, di alcune delle quali è stato anche promotore.
Professor Fusaro, per cosa si vota esattamente?
Gli elettori devono decidere se approvare (= SÌ) o bocciare (= NO) la riduzione, già votata dal Parlamento, dei parlamentari italiani da 945 a 600 (Camera da 630 a 400; Senato da 315 a 200).
Occorre un quorum affinché il risultato del referendum sia valido?
Non c’è quorum. Decide chi va a votare.
Quanti precedenti ci sono stati in Italia di referendum confermativo?
Tre. Nel 2001 (vinse il sì). Nel 2006 (vinse il no). Nel 2016 (vinse il no).
Cosa accade se prevale il sì, ovvero la conferma della modifica costituzionale, e quando entra in vigore?
Entra in vigore subito. Accade che alle prossime elezioni, quando esse saranno, si eleggerà una Camera dei deputati da 400 componenti e un Senato da 200 componenti (più i 5 senatori a vita).
Cosa accade se prevale il no alla conferma della legge?
Tutto resta come oggi. I deputati restano 630 e i senatori elettivi 315. E chissà se e quando se ne riparlerà!
E’ vero che il taglio dei parlamentari dà un risparmio, in termini economici, modestissimo?
Dipende da cosa si intende per modestissimo. E la misura dipende da cosa si calcola: il risparmio immediato o quello a regime, dopo un certo numero di anni. Quello a regime è poco meno che proporzionale alla riduzione (che è di 1/3), e le Camere costano oggi circa 1,4 mld. Quello immediato è assai più basso. Mi spiego: i dipendenti quelli restano, i pensionati quelli restano… per ora.
E’ vero che con il taglio dei parlamentari i territori avranno meno rappresentanza?
E chiaro che se prima eleggevamo in Toscana mettiamo 18 senatori e ora ne eleggiamo 12 (i dati sono esatti), se prima ne eleggevamo 7 in altrettanti collegi uninominali (dove un solo candidato è eletto) e 11 in circoscrizioni proporzionali, dopo saranno 4 e 8 (per esempio: è un’ipotesi), è più facile che alcune province non esprimano nessuno (Firenze fa comunque la parte del leone). Ma già adesso ci sono province e città che non eleggono un proprio senatore. E poi se quella è la priorità, allora non c’è che distribuire i senatori (e i deputati) in collegi uninominali almeno uno per provincia. Questo però farebbe a pugni con la proporzionale. Non si può avere matematicamente tutt’e due le cose. Come pure non si può avere meno parlamentari e più eletti “nei territori” (espressione di moda quanto approssimativa).
E’ vero che con il taglio dei parlamentari il lavoro di Camera e Senato sarà più snello?
Sicuramente sì. Esempio: saranno meno quelli che fanno proposte, interrogazioni, che devono parlare e intervenire. Le commissioni avranno al Senato 15-20 componenti e alla camera 30-35 (dipende dal numero delle Commissioni) e quindi si ragionerà meglio e le votazioni saranno più rapide e semplici. In aula cambia meno.
E’ vero che con il taglio dei parlamentari avremo meno rappresentanti in rapporto al numero di abitanti, rispetto a molti paesi esteri?
Ne avremo meno di Polonia e Spagna. Ma più di Germania e Regno Unito. Un po’ meno della Francia (che sta però riducendoli e ne avrà quindi meno ancora di noi). Ovviamente infinitamente più degli Usa (ma è un altro sistema).
Il tuo consiglio sul voto e le ragioni.
Francamente non vedo come si possa votare “No”. Sono 25 anni che tutte le forze politiche e ancor più i cittadini chiedono un Parlamento più snello. Si sarebbe potuto fare di meglio con una riforma più incisiva (per esempio rendendo la Camera prevalente sul Senato e trasformando il Senato in camera delle Regioni): ma gli elettori nel 2016 dissero di no a un’ipotesi del genere. Quindi bisogna contentarsi di questa che è una riforma, in fondo, marginale. Ma non vedo perché si dovrebbe improvvisamente fare gli schizzinosi. E smentire un Parlamento che dopo tutto ha votato per la propria autoriduzione (e l’ha fatto ben 13 volte!). E’ un’occasione da non perdere per ridare qualche legittimità in più al Parlamento.
Bell esempio di intervista… di parte. E la par condicio? Non abita dalle parti di Qui Antella
No.